Meniere

Tra le forme morbose  che si manifestano con vertigine, la malattia di Meniere è uno degli argomenti più discussi del dottrinario otologico.

La malattia di Meniere è una malattia dell’orecchio interno membranoso caratterizzata da ipoacusia, vertigini ed acufeni che ha il suo corrispettivo patologico nella distensione idropica del sistema endolinfatico. L’ipoacusia è di tipo neurosensoriale fluttuante, generalmente unilaterale e progressiva. La vertigine è episodica: dura da 20 minuti a 24 ore ed è accompagnata da nausea , vomito e si associa ad un nistagmo vestibolare. Sono assenti i segni neurologici e la perdita di coscienza.

Il reperto istopatologico più importante e più frequente nella malattia di Meniere è l’idrope endolinfatico. Questo termine  descrive una condizione caratterizzata da distensione delle strutture del labirinto contenenti endolinfa e dalla conseguente riduzione di quelle contenenti perilinfa. Occorre considerare che l’idrope endolinfatico può essere a tutt’oggi osservato solo con un esame isto-patologico post-mortem delle rocche petrose.

L’idrope endolinfatico si manifesta principalmente con la dilatazione della scala media cocleare e del sacculo. La dilatazione può raggiungere livelli elevati : sono stati osservati casi in cui gli spazi endolinfatici si estroflettevano nell’elicotrema ed altri in cui il sacculo si estrofletteva nel canale semicircolare laterale. Sono stati descritti labirinti in cui il sacculo raggiungeva la superficie interna della platina. E’ stata osservata , anche se meno frequentemente , la dilatazione dell’utricolo e della porzione membranosa dei canali semicircolari. Il quadro istopatologico peculiare della malattia è il prolasso della membrana di Reissner negli spazi perilinfatici. In un terzo dei casi è stata desritta la perdita di continuità delle membrane interlabirintiche e in questi casi si ipotizza la commistione di endolinfa e perilinfa con conseguente alterazione dei loro gradienti naturali di sodio e potassio.

Etiologia e patogenesi

L’eziologia della malattia non è conosciuta tuttavia sono state formulate varie ipotesi che si strutturano sulla base delle evidenze istopatologiche , cliniche e sperimentali.

Le teorie attuali suggeriscono come meccanismo determinante dell’idrope endolinfatico o una maggiore produzione o un minore riassorbimento dell’endolinfa.

Ciascuna di queste condizioni potrebbe essere causata dalla produzione di una endolinfa con caratteristiche biochimiche diverse dalla normale.

l’endolinfa  viene prodotta prevalentemente dalle cellule marginali della stria vascolare ed è riassorbita principalmente dal sacco linfatico.

Si ritiene che l’omeostasi dell’endolinfa sia assicurata dalla esistenza di un flusso longitudinale il cui motore è rappresentato dal diverso gradiente osmotico presente nel sacco endolinfatico e da un flusso radiale che serve al mantenimento dell’equilibrio degli ioni.

Poiché l’idrope endolonfatico viene prodotto sperimentalmente nell’animale bloccando o obliterando il sacco endolinfatico, si ritiene che la causa probabile dell’idrope sia un’alterazione meccanismi propri di riassorbimento.

Sintomi

La malattia si esprime con una sintomatologia caratterizzata da vertigini, ipoacusia, acufeni e talvolta fulness. Questi sintomi si manifestano a crisi secondo una sequenza che si accorda con l’instaurarsi dell’idrope e la sua azione sulle strutture labirintiche (prima l’acufene ,poi l’ipoacusia ed infine la vertigine).

Dopo la crisi paziente recupera il suo benessere con un andamento inverso(prima l’equilibrio, poi l’udito  infine la scomparsa dell’acufene).

La vertigine il sintomo più stressante. Si manifesta ad episodi che durano da molti minuti a ore. Circa il 60% delle crisi dura da una a tre ore mentre il 10% può durare fino a 24 ore. Le vertigini sono severe e disabilitanti e sono associate a  nausea  e vomito. Durante l’attacco il paziente pienamente orientato e conscio e non compaiono sintomi neurologici (perdita di coscienza).

Dopo la crisi paziente può per un certo periodo di tempo soffrire di instabilità che si instaura con i movimenti rapidi del capo e sentire un senso di sbandamento come se camminasse su un pavimento instabile.

Quando la malattia progredisce, gli attacchi di vertigine diminuiscono in frequenza gravità.

Ipoacusia provocata dalla malattia di meniere è neurosensoriale  cocleare ed è fluttuante. A differenza di molte altre malattie dell’orecchio interno interessa spesso le basse frequenze.

Durante l’attacco menierico si manifesta con un peggioramento della soglia  e può comparire una fastidiosa sensazione di diploacusia.

L’ipoacusia permane per un periodo di tempo superiore alla vertigine ma, successivamente alla risoluzione della crisi, tende a scomparire. Questo fenomeno chiamato fluttuazione tipico della malattia di maniere presenta caratteristiche note: all’inizio della malattia le fluttuazioni sono sempre molto ampie,  ma con il progredire del tempo diventano più piccole e tendono a limitarsi alle alte frequenze. Contemporaneamente alla diminuzione delle fluttuazioni, si struttura una ipoacusia neurosensoriale permanente.

L’acufene che è sempre soggettivo, varie in caratteristiche ma, la sua intensità è direttamente proporzionale all’entità della ipoacusia.

La fulness può essere costante i apparire prima degli attacchi vertiginosi. Solitamente scompare o diminuisce dopo la crisi.

Il ritmo delle crisi è variabile da paziente a paziente, ma con il protrarsi della  malattia i  sintomi tendono a permanere. Il primo dei sintomi che di solito diventa costante sono gli acufeni seguito dalla ipoacusia ed infine da un più o meno ampio importante senso di instabilità. Le ricerche sulla incidenza della bilateralità della malattia riportano dati discordanti, ma  studi con  ampio follow att mostrano che circa 50% dei pazienti sviluppa la forma bilaterale.

Fisiopatologia

Il meccanismo di produzione dei sintomi idropici è stato dibattuto per anni. Alcuni suggeriscono che i sintomi siano provocati da cambiamenti meccanici(distrazione fisica delle membrane intracocleari o  labirintiche) che altro la funzione che alterano la funzione cocleare e labirintica, ma è  stato anche provato che gli stessi sintomi possono essere provocati sia da cambiamenti chimici che dei potenziali elettrici all’interno del  labirinto.

La commistione di endolinfa e perilinfa ha una immediata e diretta azione sulla funzione labirintica. Gli esperimenti sugli animali hanno mostrato che la perfusione di endolinfa artificiale nello spazio perilinfatico provoca un forte nistagmo. Il dato è di supporto per la teoria chimica della produzione dei sintomi . Questi esperimenti sono stati recentemente riprodotti monitorizzando l’udito ed hanno gli stessi risultati.

Diagnosi clinica

C’è una concordanza generale nel privilegiare la raccolta della storia clinica del paziente per la diagnosi si Meniere. Malgrado ciascun malato abbia un decorso diverso, la caratteristica evoluzione a crisi e la contemporaneità dei sintomi audiologici e vestibolare durante l’attacco sono tipici della malattia. Occorre considerare che la malattia può presentarsi all’inizio  con una forma sintomatologica incompleta. Nel 37% si presente solo con gli attacchi di vertigine , mentre nel 20% con fluttuazioni dell’udito. Nel 18% dei casi il primo sintomo può essere l’acufene. In tutti questi malati, la triade sintomatologica si completa nel giro di un anno.

Diagnosi strumentale

La diagnosi strumentale aggiunge a quella clinica la possibilità di valutare il grado di danno permanente delle strutture del labirinto. Questo dato è importante per giudicare la gravità della malattia e per l’orientamento sulle varie opzioni terapeutiche.

Il grado di disfunzione labirintica provocata dalla malattia può essere valutato con l’osservazione del nistagmo e con il controllo dei riflessi vestibolo-oculari e vestibolo-spinali. Il nistagmo può essere osservato direttamente o con gli occhiali di Franzel. In entrambi i metodi il fenomeno della fissazione può inibirlo totalmente o parzialmente.

I pazienti con malattia di Meniere usualmente presentano un nistagmo spontaneo orizzontale controlaterale all’orecchio malato simile a quello che avviene nei casi con perdita acuta della funzione vestibolare. In questi casi il nistagmo associato con l’idrope riflette una funzione paretica ( nistagmo paretico). Il nistagmo ipsilaterale ( nistagmo irritativo) che è diretto verso l’orecchio malato è molto meno frequente , ma può essere osservato nelle fasi preparatorie delle crisi.

Sono rare le osservazioni del nistagmo all’inizio e durante un attacco. Quando il nistagmo non è presente, la manovra dello head shaking test può frequentemente far comparire nei pazienti con disfunzione vestibolare.

I test per la funzione vestibolo-spinale mostrano in questi pazienti la tendenza di cadere verso il lato malato.

Il grado di disfunzione cocleare provocato dalla malattia può essere valutato in prima istanza con l’esame audiometrico e può essere approfondito con l’elettrococleografia, i prodotti di distorsione (DPOSAEs) e il test al glicerolo. L’esame audiometrico presente in un notevole numero di casi una curva in salita. La ripetizione dell’esame permette di documentare le fluttuazioni e di chiarire la soglia cocleare. Con il progredire della malattia l’ipoacusia assume un l’aspetto di curva pantonale e in alcuni casi in discesi. Sono rari i casi di anacusia . I test di diagnosi retrococleare sono negativi mentre è presente il fenomeno del recruitment. L’elettrococleografia misura i segnali elettrici dell’orecchio interno in risposta agli stimoli uditivi ed è considerato un indicatore dell’idrope.

I parametri chiave sono in rapporto tra l’ampiezza dei potenziale di sommazione (SP) e l’ampiezza dei potenziale di azione (AP) . Nell’individuo normale c’è una piccola differenza mentre  nel menierico c’è un aumento dell’SP e quindi un alto apporto SP/AP.

I prodotti di distorsione (DPOAEs) rappresentano un metodo obiettivo e non invasivo per misurare la funzione delle cellule acustiche esterne. I movimenti delle ciglia di queste cellule acustiche esterne. I movimenti delle ciglia di queste cellule producono una energia meccanica che si trasforma in energia acustica. La sua misura permette di valutare l’effettivo danno di queste cellule . Possono essere misurati in più del 60% degli orecchi con malattia di Maniere e riflettono le differenti fasi della malattia. I test al glicerolo permette di misurare la quota di danno reversibile provocato dall’idrope. Questo farmaco si differenzia dagli altri agenti disidratanti ( urea, furosemide, mannitolo) per la proprietà di estrarre liquido contemporaneamente sia dal compartimento perilinfatico che da quello endolinfatico. Questa proprietà riduce l’idrope e induce un miglioramento temporaneo dell’udito.

I test al glicerolo si effettua facendo assumere al paziente una dose di 1,5 cc/Kg corporeo con ugual misura di aranciata. Il miglioramento dell’udito inizia un’ora dopo con effetto massimo dopo 2 o 3 ore ed è valutato con la ripetizione ogni ora dell’esame audiometrico.

Recentemente la risposta al glicerolo è stata studiata con i DPOAEs . Sono stati segnalati casi in cui il Dp-gramma migliorava dopo l’assunzione del glicerolo ed in atri casi in cui, assente prim, compariva dopo.

Alcuni ritengono che il test al glicerolo possa identificare i pazienti con una malattia iniziale e reversibile e usano il test come indicatore prognostico di terapia. Occorre precisare che il test al glicerolo non serva alla diagnosi di malattia ,ma solo a verificare la sua reversibilità . Non tutti i pazienti sono sensibili al test che diventa negativo con l’avanzare dell’età del paziente e della cronicizzazione della malattia. Sono presenti alcuni effetti indesiderati del farmaco quale il mal di testa, la nausea, la diarrea, il vomito e le vertigini. Il test è controindicato per i pazienti diabetici o con patologie cardiache, renali ed epatiche. E’ necessario sempre ricordare che la diagnosi di malattia di Meniere richiede l’esclusione dei altre patologie che possono manifestarsi con sintomi menierici. Occorre perciò non dimenticare l’importante ruolo che l’ABR e la risonanza magnetica con gadiolino rivestono nell’escludere una lesione retrococleare.