Andrea Rinciari
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Autore: Andrea Rinciari

Patologie ghiandole salivari riassunto


 PATOLOGIA DELLE GHIANDOLE SALIVARI

ANATOMIA

Sono ghiandole acinose composte, che hanno una secrezione differente a seconda della ghiandola.

  • PAROTIDISierosa
  • SOTTOMANDIBOLARI, SOTTOLINGUALI ED ACCESSORIE→Mista (muco-sierosa); la commistione fra elementi acinari capaci di secernere zimogeno (un secreto fluido e ricco in enzimi) e cellule mucipare non è in parti uguali ma varia a seconda delle ghiandole. Le ghiandole accessorie hanno in genere più mucina rispetto che elementi acinari capaci di produrre zimogeno.

 

Abbiamo sei ghiandole principali, pari e simmetriche:

  • PAROTIDE
  • SOTTOMANDIBOLARE : ha una secrezione mista (componente sierosa abbondante); vi sono elementi con citoplasma basofilo che hanno una sintesi proteica intensa e producono i granuli di zimogeno (sono soprattutto delle amilasi salivari); ci sono anche dei linfonodi, per cui questa ghiandola può ingrossarsi monolateralmente e diventare dura in determinate condizioni simulando un tumore maligno e indicare un intervento chirurgico. Quasi sempre si riesce a fare una diagnosi con ago aspirato.
  • SOTTOLINGUALE : ha una secrezione mista (ma prevalentemente mucipara) e anche questa può ingrossarsi monolateralmente
  • GHIANDOLE SALIVARI MINORI (o accessorie): prevalentemente mucipare, che stanno sulla superficie interna delle labbra, lungo tutta la mucosa delle guance e del palato sia duro che molle; vanno incontro a tutte le trasformazioni e modificazioni patologiche delle ghiandole salivari principali.

Le ghiandole salivari minori, come vedremo a proposito della patologia del laringe, si possono ritrovare in altri distretti respiratori che non siano quelli usuali, ad esempio al livello dell’epiglottide e anche nel faringe in profondità, per cui alcune patologie delle ghiandole salivari, specialmente di tipo accrescitivo, possono interessare un po’ tutto il distretto testa collo.

 

Un gruppo di acini ghiandolari, chiamato lobulo, è tributario di un piccolo dotto, e questi dotti più piccoli sono tributari dei dotti interlobulari, particolarmente interessanti perché hanno cellule eosinofile (perché ricche di mitocondri) che operano il trasporto attivo dell’acqua, perché quando saliviamo sotto stimolo nervoso (stimolo riflesso indotto da tutta una serie di fattori psicologici, visivi, olfattivi..) abbiamo una stimolazione abbondante: in pochi attimi si ha un grande richiamo di liquido dall’interstizio al lume del dotto, proprio per mezzo di un trasporto attivo mediato dalle cellule dei dotti. Poi vedremo che queste cellule sono responsabili di un importante tumore delle ghiandole salivari.

Le ghiandole principali, soprattutto la parotide e la sottomandibolare, sono collegate da un dotto escretore abbastanza lungo con il loro ostio localizzato: nel pavimento della bocca, per quanto riguarda la sottomandibolare, e posteriormente lungo la mandibola per quanto riguarda il dotto di Stenone. Questo dotto può essere disturbato da una patologia benigna che è la calcolosi.

 

 

PATOLOGIA NON NEOPLASTICA GHIANDOLE SALIVARI

★ETEROTOPIA (o ECTOPIA) GHIANDOLE SALIVARI

DEFINIZIONE

Presenza di tessuto salivare in sedi diverse da quelle normali delle vie aerodigestive, come mandibola, orecchio, tonsille, ipofisi, angolo ponto-cerebellare, tessuti molli del collo.

(La presenza in laringe non la considererei una eterotopia, ma è quasi la regola, perché le ghiandole accessorie del laringe sono molto simili a queste anche se in esse non ci sono enzimi proteolitici)

 

Possono esservi isolotti di parenchima salivare che hanno le caratteristiche della ghiandola secernente, ma non avendo uno sbocco verso l’esterno si comportano come un processo che occupa spazio che cresce e può determinare compressione.

La secrezione continua determina una pressione interna alla cisti che oltre un certo limite determina anche una compressione sui vasi con minore irrorazione della ghiandola e una sua tendenza alla ipotrofia.

 

 

★SCIALOLITIASI (O SIALOLITIASI)

Frequente nei dotti principali, dovuta a difetti della composizione della saliva con precipitazione di Sali di calcio (fattori sistemici); può essere favorita da varie patologie (come fibrosi cistica, compressione sul dotto, processi infiammatori cronici) che determinano una maggiore densità del secreto.

I calcoli possono provocare clinicamente sia una colica salivare sia delle sialoadeniti secondarie a stasi del secreto.

 

 

★SCIALOADENITI (O SIALOADENITI)

EZIOLOGIA

  • SCIALOADENITI ACUTE VIRALI:
  • VIRUS DELLA PAROTITE EPIDEMICA : (va a colpire anche altre strutture tubulari, per esempio il testicolo, e non determina nessun tipo di danno nel bambino prepubere, mentre può determinare danni anche gravi e permanenti nel soggetto adulto (infertilità). Questo perché comportando un edema notevole, questo edema può danneggiare anche gravemente gli elementi della linea germinale causando infertilità)
  • EBV
  • COXSACKIE
  • VIRUS INFLUENZALE
  • SCIALOADENITI BATTERICHE : (abbastanza rare presenti per lo più in pazienti immunodepressi)

Sono forme suppurative ascendenti dal cavo orale che determinano formazioni ascessuali. Possono restare confinate al cavo orale o talvolta fistolizzarsi (la sottolinguale può fistolizzarsi nel cavo orale, mentre nel caso delle sottomandibolari e le parotidi ci può essere anche una fistolizzazione cutanea)

  • SCIALOADENITI CRONICHE : (a volte possono essere scambiate per tumori) Sono preferite le ghiandole sottomandibolari.

EZIOLOGIA:

  • FORME OSTRUTTIVE (30%) da SIALOLITIASI e da DIFETTO DI ESCREZIONE DEL SECRETO→ristagno del secreto con dilatazione dei dotti→flogosi (una infiltrazione infiammatoria)→involuzione della componente acinare a monte (acini che secernono in quel dotto vanno incontro a ipotrofia e vengono sostituiti da una cicatrice fibrosa)→ghiandola ingrandita e di consistenza dura, simulando patologie neoplastiche, per cui si dovrebbe fare un’agoaspirazione (con ago sottile) per distinguerlo da un tumore maligno
  • PAROTITE CRONICA RICORRENTE : in cui un evento infiammatorio si ripete e presumibilmente ha una genesi anche autoimmunitaria
  • SCIALOADENITE CRONICA SCLEROSANTE DELLA GHIANDOLA SOTTOMANDIBOLARE: infiltrato infiammatorio di tipo plasmacellulare + fibrosi densa ; si parla di tumore di Kuttner (clinicamente un tumore, ma è una patologia di tipo infiammatorio); è monolaterale, asintomatica, scarsamente dolente.

Si ha sostituzione del tessuto parenchimatoso con quello fibroso.

Talvolta, oltre a tutte queste alterazioni regressive e infiammatorie a carico degli acini e dei dotti, si può osservare anche una metaplasia squamosa dei dotti.

Al termine di questi processi patologici, la ghiandola risulterà all’aspetto macroscopico fortemente ingrandita oltre che aumentata di consistenza.

  • SCIALOADENITI AUTOIMMUNI: si ha un attacco contro gli elementi parenchimali. Si distinguono:
  • SINDROME di MIKULICZ : si ha un ingrossamento che può essere asimmetrico delle ghiandole salivari, nelle quali si ritrovano delle lesioni linfoepiteliali benigne;
  • SINDROME di SJOGREN: malattia sistemica che coinvolge anche le ghiandole lacrimali e comporta infiltrati linfocitari + progressiva involuzione acinare.

Si ha xerostomia (deficit funzionali delle ghiandole salivari con riduzione quantitativa della saliva) e xeroftalmia (lesioni congiuntivali, congiuntiviti e se non trattate la cecità).

La diagnosi si fa su biopsie fatte in modo tale da avere una porzione di parenchima abbastanza descrittiva, sulle quali si descrive la quantità e il tipo di infiltrati linfocitari, dando uno score da 1 a 3 richiesto dal clinico per poi confermare la malattia e instaurare una terapia immunosoppressiva

  • SCIALOADENITI DA RAGGI: ipotrofia, quindi deficit funzionale;
  • SCIALOADENITI GRANULOMATOSE: da tubercolosi e sarcoidosi

 

 

★MUCOCELE

È dato da ritenzione del secreto per ostruzione dei dotti delle ghiandole salivari minori. (è una formazione cistica ripiena di muco, a superficie liscia e rivestita da epitelio cubico)

 

EZIOLOGIA

  • TRAUMATICA
  • PER DIFETTI PROTESICI : dove il dotto escretore può toccare con una protesi mal messa
  • DIFETTI DI OCCLUSIONE : ci possono essere difetti di masticazione della guancia o del labbro ripetuti nella stessa zona che possono determinare una lesione a livello della ghiandola o del dotto escretore

 

CARATTERISTICHE

  • a superficie liscia
  • rotondeggiante
  • lucente
  • alla palpazione dà il segno della fluttuazione (in quanto cistico)
  • insorgenza acuta, nell’arco di alcuni giorni (non è compatibile con una crescita tumorale)

Solitamente il mucocele non necessita di alcun intervento, poiché regredisce da solo, ma può capitare che esso non receda, e allora lo asportiamo.

 

 

★PATOLOGIA NEOPLASTICA GHIANDOLE SALIVARI

★TUMORI BENIGNI GHIANDOLE SALIVARI

 

  • ★ADENOMA PLEOMORFO GHIANDOLE SALIVARI

CARATTERISTICHE

Deriva dagli elementi mioepiteliali che hanno una grande capacità differenziativa e che possono poi avere delle diverse espressioni fenotipiche (POLIMORFO) con formazioni di tipo ghiandolare, di tipo fusato (che ricordano lo stroma), di tipo stellato (che talvolta danno un aspetto mixoide), o strutture che a causa delle calcificazioni o ossificazioni possono sembrare elementi osteocitari, possono simulare delle trabecole ossee.

  • capsulato
  • forma delle strutture esterne mammellonate, delle estroflessioni che però non hanno caratteristiche di invasività, ma che possono determinare recidive in seguito all’asportazione qualora non si rispettino i margini di resezione.

FORME MALIGNE

(5 – 6 forme riconosciute nella classificazione dell’OMS), cioè carcinomi a basso grado che si distinguono per la capsula infiltrata.

L’intervento prevede una parotidectomia superficiale con asportazione di parenchima sano tutto intorno.

 

  • ★TUMORE DI WARTHIN (ADENOLINFOMA GHIANDOLE SALIVARI)

CARATTERISTICHE

Tumore cistico ed è costituto dalla commistione di elementi ghiandolari (in questo caso di tipo duttale) e di tipo linfatico.

 

  • capsulato
  • può arrivare anche a 5-6 cm di diametro
  • nelle cavità cistiche aggettano delle strutture costituite da assi stromali rivestiti da epitelio e infiltrati in gran parte da linfociti che si accompagnano nelle cellule vicine ad una intensa eosinofilia citoplasmatica (è dovuta al fatto che c’è una trasformazione oncocitaria stimolata probabilmente dai linfociti T infiltranti: quindi diventano ONCOCITI)
  • gli oncociti hanno le medesime caratteristiche:

hanno un nucleo che talvolta può essere irregolare e può sembrare anche un nucleo atipico, e i mitocondri avranno delle alterazioni, come le creste anulari, o le creste frammentate, o le creste in numero maggiore rispetto alla norma

  • IN LINFONODI INTRAPARENCHIMALI: possiamo vedere un rapporto stretto tra il tessuto linfatico e queste formazioni duttali che si intersecano in vario modo fino alla possibilità di evoluzione in una massa tumorale che può raggiungere anche alcuni centimetri di diametro.
  • Coesiste la componente tubulare (?), ci sono cellule eosinofile, e il tessuto linfatico spesso può essere arrangiato in follicoli con i centri chiari evidenti come spesso succede nei linfonodi attivi.

 

 

★TUMORI MALIGNI GHIANDOLE SALIVARI

I tumori maligni primitivi in questa sede sono abbastanza infrequenti.

I più importanti sono 4 tumori epiteliali, a cui si aggiungono i linfomi associati alle mucose (MALT linfomi a cellule B).

 

  • ★CARCINOMA MUCOEPIDERMOIDE GHIANDOLE SALIVARI

CARATTERISTICHE

ha una commistione tra elementi maligni squamosi e muco- secernenti.

È un tumore di basso grado, preferisce la parotide, in soggetti di sesso femminile nell’età adulta (intorno alla quarta-quinta decade).

È monolaterale, occupa spazio e determina un ingrossamento della parotide piuttosto veloce.

 

 

  • ★CARCINOMA ADENOIDOCISTICO GHIANDOLE SALIVARI

CARATTERISTICHE

È un tumore a prognosi peggiore, predilige i 50-60 anni

La sua caratteristica è che infiltra precocemente gli organi circostanti e dà metastasi a distanza in tutto il corpo, soprattutto per via linfatica.

 

SEDE

Ghiandole sottomandibolari e quelle minori.

 

  • ★CARCINOMA A CELLULE ACINARI GHIANDOLE SALIVARI

CARATTERISTICHE

E’ poco aggressivo e costituito da cellule acinari abbastanza differenziate, monomorfe, con citoplasma ampio, quindi assomigliano abbastanza alle cellule normali, e sono spesso PAS positive, che è un segno del mantenimento della polarizzazione di queste cellule.

 

SEDE:, interessa più spesso la parotide, ed è un po’ l’analogo del carcinoma acinare del pancreas.

 

  • ★ADENOCARCINOMA POLIMORFO A BASSO GRADO DI MALIGNITÀ’ GHIANDOLE SALIVARI

Racchiude in sé molti tipi di tumori.

È un po’ il corrispettivo dell’adenoma pleomorfo.

Talvolta risulta difficile, ma la distinzione si fa perché l’adenocarcinoma è infiltrante, quindi occorrerà osservare i margini e dove normalmente esiste un vallo tra tessuto tumorale e tessuto normale, non troveremo una netta separazione.

 

  • ★LINFOMI GHIANDOLE SALIVARI (BMALT)

primitivi della parotide, hanno una prognosi favorevole. Ne abbiamo già parlato durante la descrizione del tumore di Warthin.

In tutti i carcinomi muco-secernenti abbiamo le cellule ad anello con castone, in cui il secreto non viene più dismesso perché la cellula perde la sua capacità interna di veicolazione delle gocce del secreto, per cui si accumula all’interno del citoplasma spingendo alla periferia il nucleo.

Le metastasi linfatiche della ghiandole salivari vanno ai linfonodi regionali (a volte possono essere controlaterali); le metastasi ematogene solitamente ai polmoni.

 

continua...

Lesioni del laringe riassunto


Lesioni del Laringe

Le lesioni del laringe hanno una diversa presentazione clinica a seconda che siano sovraglottiche, glottiche e sottoglottiche.

  • Le lesioni sovraglottiche avranno come sintomatologia, in genere, un disturbo durante la deglutizione, quindi la DISFAGIA.
  • Lesioni della glottide avranno come conseguenza una modificazione del timbro della voce, quindi una DISFONIA.
  • Lesioni sottoglottiche devono diventare così’ grandi da provocare una DISPNEA.

PROCESSI OCCUPANTI SPAZIO:

  • NEOPLASIE
  • TUBERCOLARI: determinano una flogosi produttiva
  • MICOSI, che possono determinare delle lesioni granulomatose produttive che aggettano all’interno del lume.
  • LEISHMANIA,
  • AMILOIDOSI, che può essere sistemica o localizzata, quando è sistemica interessa tutta la mucosa, tutta la sottomucosa, il connettivo, lo stroma che sta sotto la mucosa, quindi possono essere inspessite le corde vocali, possono avere un aspetto “lardaceo”
  • MRGE importante: può essere una lesione superficiale dell’epitelio che poi quando viene riparata, viene riparata da parte di un tessuto di granulazione che può essere anche ipertrofico. Questo tessuto si sviluppa come una lesione macroscopicamente mammellonata che tende a vegetare, ulcerata in parte, facilmente friabile, sanguinante
  • CISTI AEREE, che sono dei diverticoli in zone di lassità maggiore dello stroma sottomucoso, sotto i colpi di tosse specialmente, durante la fonazione, il canto, un utilizzo intensivo della voce; questa mucosa tende a estroflettersi portandosi dietro del connettivo e a formare a volte una vera e propria cisti ripiena di aria che si gonfia sotto i colpi di tosse o durante la fonazione; può determinare DISFONIA; viene asportata in toto.

 

NEOFORMAZIONI BENIGNE LARINGE

  1. POLIPI LARINGEI

DEFINIZIONE: pliche di mucosa rivestite da epitelio (piatto pluristratificato)

EZIOLOGIAsotto sforzo (es: durante il canto)→questa mucosa si estroflette e col perdurare del trauma vocale tende a diventare più grande

INCIDENZA età giovanile ma abbiamo anche i polipi dell’adulto nei soggetti anche di 50 anni.

MACROSCOPICO: In genere questa lesione è costituita da uno stroma rivestito da un epitelio pluristratificato; lo stroma può essere:

  • FIBROSO (polipo fibroepiteliale con l’epitelio inspessito
  • VASCOLARE (sono le ectasie venose, un polipo angioectasico, a volte vengono chiamati polipi angiomatosi)

 

CLINICA: anche una minuscola formazione sulla corda vocale provoca DISFONIA. (modificazione del timbro della voce).

Se persistente, bisogna subito andare a vedere se è responsabile una di queste lesioni benigne o se il responsabile è una lesione maligna localizzata all’interno della corda vocale. Se è il secondo caso, noi abbiamo una lesione maligna piccolissima, così piccola da consentire molto spesso un intervento chirurgico di tipo conservativo, non una laringectomia, ma una CORDECTOMIA anche parziale che consente quindi la preservazione delle funzione fonatoria nel soggetto e soprattutto viene prevenuta quella grossa mutilazione data dalla laringectomia total.

 

I polipi sono benigni e se si elimina il trauma vocale, anche con un intervento di logopedia, con l’impostazione della voce se si tratta di cantanti dilettanti, si ottiene  un ottimo risultato.

La commessura anteriore è importantissima perché nel caso di un intervento conservativo per un tumore maligno noi dobbiamo osservarla perchè nel caso di  una sua compromissione della commessura anteriore, la contro lateralità è indicata alla laringectomia

 

  1. PAPILLOMA SQUAMOSO LARINGE

DEFINIZIONE: Sono lesioni esofitiche friabili, localizzate a livello delle corde, con tendenza a dare recidive locali dopo l’asportazione, perchè si diffonde il virus specialmente alla regione sottoglottica e anche alla trachea e ai bronchi. Ha un comportamento benigno

 

INCIDENZA: è il tumore laringeo più frequente dell’infanzia, correlato all’infezione da HPV, specialmente sottotipi 6 e 11, non sono sottotipi oncogenici, però determinano questa formazione che in genere ha la caratteristica di non essere unica, quindi non abbiamo un papilloma ma abbiamo molto spesso una PAPILLOMATOSI; mentre il papilloma dell’adulto sembra non sia legato all’HPV, ed è singolo.

 

MICROSCOPICO: i papillomi sono degli assi connettivo-vascolari e sono rivestiti da epitelio che può mostrare degli effetti citopatici caratteristici. (vacuolizzazione perinucleare che da aspetto chiaro alle cellule)

Ha una superficie un pochino “zigrinata” un pochino frastagliata.

 

ISTOLOGICAMENTE: estroflessioni stromali rivestiti da cellule squamose

 

 

  1. TUMORI SALIVARI BENIGNI

 

  • TUMORE MISTO (o ADENOMA PLEOMORFO LARINGE)

ORIGINE: deriva dalla componente sia dei dotti sia mioepiteliale della gh. salivare

MACROSCOPICO: formazione ben circoscritta, capsulata.

MICROSCOPICO: Un tumore a cellule granulose, con citoplasma ampio, eosinofilo (chiamati AMELOBLASTI, elementi che derivano dalla cresta neurale e che possono dare luogo a tumori sia della cute, sia della lingua).

 

  1. PARAGANGLIOMA LARINGE

Abbastanza raro (perché è più frequente quello del glomo carotideo)

SEDE: falsa corda o nella regione sottoglottica

MICROSCOPICO: struttura “organoide” , con nidi cellulari , che sono circondati da una trama contenente nervi e vasi, (sono chemocettori)

 

  1. EMANGIOMA SOTTOGLOTTICO

Tumore importante dell’infanzia

SEDE: è sottoglottico (visibile con esame in sedazione del soggetto, oltrepassando la rima della glottide; non si vede dall’esterno, si sospetta soltanto)

CLINICA: se è grosso: sintomatologia ostruttiva , con uno stridore respiratorio, però soprattutto la cosa grave è che essendo fatto proprio da una spugna di  vasi, durante le crisi di pianto aumenta di dimensioni perché questi vasi si congestionano, si riempiono di sangue e allora si possono avere

anche degli episodi di apnea, di cianosi.

Può essere associato ad altre grandi malformazioni vascolari, (es: i nevi flammei del viso e del cuoio capelluto o che interessano gran parte del corpo)

EVOLUZIONE: tendenza alla regressione col crescere dell’età

 

 

  1. CHERATOSI LARINGEE (LEUCOPLACHIA)

CAUSA:

  • fumo
  • bevande alcoliche
  • inquinanti ambientali e professionali.
  • trauma chimico ripetuto durante MRGE
  • protesi dentaria malfatta

MACROSCOPICO: l’epitelio può aumentare di spessore nella zona sottoposta ad agenti nocivi, e comporta macroscopicamente placca bianca (perché l’epitelio più ispessito non fa trasparire più come di norma lo stroma vascolarizzato che c’è sotto quindi la mucosa invece di essere rosea, perché l’epitelio è abbastanza trasparente, fa trasparire il colore sottostante, in questo caso ferma la luce che viene riflessa e noi abbiamo questa impressione della placca bianca) , la leucoplachia, condizione che indica una noxa cronica che ha agito su questo epitelio, che lo ha stimolato ad accrescersi per resistere a questa noxa e quindi è sempre una condizione che può preludere la neoplasia, in quanto è espressione di una noxa cronica che agisce a lungo (maggiormente suscettibile a sviluppare mutazioni che porteranno alla trasformazione).

 

SEDE: Le lesioni possono essere circoscritte e interessare le corde vocali, le false corde o l’epiglottide, a seconda del tipo di stimolo che c’è stato oppure possono essere così estese e confluenti da dare a tutta la mucosa un aspetto ispessito, tipo “pachidermico”.

 

  1. CONDILOMA PIANO

E’ analogo a quello osservato nella cervice uterina, lesione provocata da HPV e a volte anche da ceppi oncogenici e comporta una  alterazione citopatica come quella del papilloma. Anche questa può essere una lesione precancerosa. Lesioni di questo tipo le vediamo anche nella bocca, nel palato, nell’ugula, nelle tonsille.

 

NEOFORMAZIONI MALIGNE LARINGE

  1. CARCINOMA IN SITU LARINGE

Il CARCINOMA IN SITU è una lesione che ancora non ha oltrepassato il limite della mucosa.

Si parla di LIN (neoplasia intraepiteliale laringea).

 

STADIAZIONE : (questa valutazione la facciamo su una biopsia che deve essere orientata e tagliata perpendicolarmente alla superficie).

Il carcinoma in situ si distingue tipicamente in tre stadi (1,2 e 3): 1 e 2 sono lesioni a basso rischio, mentre 3 è considerato una lesione ad alto rischio di diventare invasivo, in ogni caso merita un intervento chirurgico.

  • LIN 1 le alterazioni cellulari si vedono soltanto nel terzo inferiore dell’epitelio
  • LIN 2 metà spessore (ma non a tutto spessore)
  • LIN 3 tutto spessore senza fenomeni di infiltrazione dello stroma.

 

MICROSCOPICO : Epitelio pluristratificato che poggia su una membrana basale.

E’ caratterizzata da alterazioni citologiche ad architettura caratteristica come la perdita della polarità cellulare, polimorfismo, ipercromia nucleare, mitosi negli stati superiori.

A livello del confine epitelio stromale c’è la membrana basale che si può vedere abbastastanza distintamente e c’è anche un infiltrato linfocitario importante, espressione della reazione dell’ospite che tende a limitare il processo patologico e tende a contenerlo.

 

  1. CARCINOMA SQUAMOSO LARINGE (O SQUAMOCELLULARE)

Il CARCINOMA SQUAMOSO è il tumore maligno più frequente tra i tumori testa-collo

INCIDENZA: V, VI, VII decade di età

SEDE:

  • più frequente è alla regione della glottide (determina precocemente DISFONIA) ;La crescita in genere è esofitica, frequentemente il tumore è ulcerato;  parte da una zona localizzata ma può sconfinare attraverso la commessura anteriore alla corda vocale controlaterale o può sconfinare anche alla porzione sovraglottica o sottoglottica.
  • sovraglottici che sono al secondo posto, viene interessata l’epiglottide è molto coinvolto in questo caso il RGE o anche i fumo di tabacco che viene deglutito in gran parte. In questo caso il sintomo è la DISFAGIA (è un tumore che infiltra e compromette la motilità dell’epiglottide che deve essere elastica e facilmente abbassabile e allora può determinare delle piccole aspirazioni di bolo alimentare).
  • Al terzo posto quelli sottoglottici che non danno segno di sé se non quando diventano così grossi da provocare DISPNEA oppure si ulcerano e danno l’EMOFTOE, però in questo caso il tumore è grande.

STADIAZIONE ISTOLOGICA:

  • DIFFERENZIATO
  • MODERATAMENTE DIFFERENZIATO
  • SCARSAMENTE DIFFERENZIATO

ISTOLOGICAMENTE:  si hanno strutture concentriche che sono le perle cornee date dal fatto che gli elementi ancora tendono a maturare e produrre citocheratina

METASTASI: Le metastasi sono soprattutto ematogene e ai linfonodi regionali.

In genere il fatto che ci sia una patologia metastatica del tumore del laringe non comporta un grosso peggioramento delle prognosi, in quanto questi tumori poi posso avere anche lo stesso una prognosi abbastanza buona.

Le metastasi a distanza sono soprattutto al polmone.

 

CLASSIFICAZIONE TNM NEOPLASIE LARINGEE

 

  1. CARCINOMA VERRUCOSO LARINGE

Carcinoma in cui si ha ispessimento della mucosa fatto di cellule quasi normali (è facile sbagliare e prenderlo per una lesione benigna), ma se viene asportato precocemente ha una prognosi ottima, se viene invece asportato tardivamente, quando ha dato metastasi è molto difficile da trattare perché non risponde né alla chemio né alla radioterapia perché è molto differenziato.

 

 

  1. FORME CARCINOMATOSE MENO FREQUENTI

 

  • CARCINOMA A CELLULE FUSATE le cellule ricordano molto quelle di un sarcoma;
  • CARCINOMA BASALOIDE
  • CARCINOMI NEUROENDOCRINI : DIFFERENZIATI quindi CARCINOIDI,

MODERATAMENTE DIFFERENZIATI e SCARSAMENTE DIFFERENZIATI.

  • (molto raro) ADENOCARCINOMA, che viene proprio dalle strutture ghiandolari accessorie.
  • CARCINOMA ADENOIDE CISTICO chiamato CAC: pur essendo scarsamente atipico, ha la caratteristica di infiltrare molto a distanza e dare metastasi precoci un po’ dovunque, non risponde a niente e la sopravvivenza a 5 anni è quasi 0.
  • CARCINOMA NEUROENDOCRINO A PICCOLE CELLULE.
continua...

Lesioni del Laringe riassunto


Lesioni del Laringe

Le lesioni del laringe hanno una diversa presentazione clinica a seconda che siano sovraglottiche, glottiche e sottoglottiche.

  • Le lesioni sovraglottiche avranno come sintomatologia, in genere, un disturbo durante la deglutizione, quindi la DISFAGIA.
  • Lesioni della glottide avranno come conseguenza una modificazione del timbro della voce, quindi una DISFONIA.
  • Lesioni sottoglottiche devono diventare così’ grandi da provocare una DISPNEA.

PROCESSI OCCUPANTI SPAZIO:

  • NEOPLASIE
  • TUBERCOLARI: determinano una flogosi produttiva
  • MICOSI, che possono determinare delle lesioni granulomatose produttive che aggettano all’interno del lume.
  • LEISHMANIA,
  • AMILOIDOSI, che può essere sistemica o localizzata, quando è sistemica interessa tutta la mucosa, tutta la sottomucosa, il connettivo, lo stroma che sta sotto la mucosa, quindi possono essere inspessite le corde vocali, possono avere un aspetto “lardaceo”
  • MRGE importante: può essere una lesione superficiale dell’epitelio che poi quando viene riparata, viene riparata da parte di un tessuto di granulazione che può essere anche ipertrofico. Questo tessuto si sviluppa come una lesione macroscopicamente mammellonata che tende a vegetare, ulcerata in parte, facilmente friabile, sanguinante
  • CISTI AEREE, che sono dei diverticoli in zone di lassità maggiore dello stroma sottomucoso, sotto i colpi di tosse specialmente, durante la fonazione, il canto, un utilizzo intensivo della voce; questa mucosa tende a estroflettersi portandosi dietro del connettivo e a formare a volte una vera e propria cisti ripiena di aria che si gonfia sotto i colpi di tosse o durante la fonazione; può determinare DISFONIA; viene asportata in toto.

 

NEOFORMAZIONI BENIGNE LARINGE

  1. POLIPI LARINGEI

DEFINIZIONE: pliche di mucosa rivestite da epitelio (piatto pluristratificato)

EZIOLOGIAsotto sforzo (es: durante il canto)→questa mucosa si estroflette e col perdurare del trauma vocale tende a diventare più grande

INCIDENZA età giovanile ma abbiamo anche i polipi dell’adulto nei soggetti anche di 50 anni.

MACROSCOPICO: In genere questa lesione è costituita da uno stroma rivestito da un epitelio pluristratificato; lo stroma può essere:

  • FIBROSO (polipo fibroepiteliale con l’epitelio inspessito
  • VASCOLARE (sono le ectasie venose, un polipo angioectasico, a volte vengono chiamati polipi angiomatosi)

 

CLINICA: anche una minuscola formazione sulla corda vocale provoca DISFONIA. (modificazione del timbro della voce).

Se persistente, bisogna subito andare a vedere se è responsabile una di queste lesioni benigne o se il responsabile è una lesione maligna localizzata all’interno della corda vocale. Se è il secondo caso, noi abbiamo una lesione maligna piccolissima, così piccola da consentire molto spesso un intervento chirurgico di tipo conservativo, non una laringectomia, ma una CORDECTOMIA anche parziale che consente quindi la preservazione delle funzione fonatoria nel soggetto e soprattutto viene prevenuta quella grossa mutilazione data dalla laringectomia total.

 

I polipi sono benigni e se si elimina il trauma vocale, anche con un intervento di logopedia, con l’impostazione della voce se si tratta di cantanti dilettanti, si ottiene  un ottimo risultato.

La commessura anteriore è importantissima perché nel caso di un intervento conservativo per un tumore maligno noi dobbiamo osservarla perchè nel caso di  una sua compromissione della commessura anteriore, la contro lateralità è indicata alla laringectomia

 

  1. PAPILLOMA SQUAMOSO LARINGE

DEFINIZIONE: Sono lesioni esofitiche friabili, localizzate a livello delle corde, con tendenza a dare recidive locali dopo l’asportazione, perchè si diffonde il virus specialmente alla regione sottoglottica e anche alla trachea e ai bronchi. Ha un comportamento benigno

 

INCIDENZA: è il tumore laringeo più frequente dell’infanzia, correlato all’infezione da HPV, specialmente sottotipi 6 e 11, non sono sottotipi oncogenici, però determinano questa formazione che in genere ha la caratteristica di non essere unica, quindi non abbiamo un papilloma ma abbiamo molto spesso una PAPILLOMATOSI; mentre il papilloma dell’adulto sembra non sia legato all’HPV, ed è singolo.

 

MICROSCOPICO: i papillomi sono degli assi connettivo-vascolari e sono rivestiti da epitelio che può mostrare degli effetti citopatici caratteristici. (vacuolizzazione perinucleare che da aspetto chiaro alle cellule)

Ha una superficie un pochino “zigrinata” un pochino frastagliata.

 

ISTOLOGICAMENTE: estroflessioni stromali rivestiti da cellule squamose

 

 

  1. TUMORI SALIVARI BENIGNI

 

  • TUMORE MISTO (o ADENOMA PLEOMORFO LARINGE)

ORIGINE: deriva dalla componente sia dei dotti sia mioepiteliale della gh. salivare

MACROSCOPICO: formazione ben circoscritta, capsulata.

MICROSCOPICO: Un tumore a cellule granulose, con citoplasma ampio, eosinofilo (chiamati AMELOBLASTI, elementi che derivano dalla cresta neurale e che possono dare luogo a tumori sia della cute, sia della lingua).

 

  1. PARAGANGLIOMA LARINGE

Abbastanza raro (perché è più frequente quello del glomo carotideo)

SEDE: falsa corda o nella regione sottoglottica

MICROSCOPICO: struttura “organoide” , con nidi cellulari , che sono circondati da una trama contenente nervi e vasi, (sono chemocettori)

 

  1. EMANGIOMA SOTTOGLOTTICO

Tumore importante dell’infanzia

SEDE: è sottoglottico (visibile con esame in sedazione del soggetto, oltrepassando la rima della glottide; non si vede dall’esterno, si sospetta soltanto)

CLINICA: se è grosso: sintomatologia ostruttiva , con uno stridore respiratorio, però soprattutto la cosa grave è che essendo fatto proprio da una spugna di  vasi, durante le crisi di pianto aumenta di dimensioni perché questi vasi si congestionano, si riempiono di sangue e allora si possono avere

anche degli episodi di apnea, di cianosi.

Può essere associato ad altre grandi malformazioni vascolari, (es: i nevi flammei del viso e del cuoio capelluto o che interessano gran parte del corpo)

EVOLUZIONE: tendenza alla regressione col crescere dell’età

 

 

  1. CHERATOSI LARINGEE (LEUCOPLACHIA)

CAUSA:

  • fumo
  • bevande alcoliche
  • inquinanti ambientali e professionali.
  • trauma chimico ripetuto durante MRGE
  • protesi dentaria malfatta

MACROSCOPICO: l’epitelio può aumentare di spessore nella zona sottoposta ad agenti nocivi, e comporta macroscopicamente placca bianca (perché l’epitelio più ispessito non fa trasparire più come di norma lo stroma vascolarizzato che c’è sotto quindi la mucosa invece di essere rosea, perché l’epitelio è abbastanza trasparente, fa trasparire il colore sottostante, in questo caso ferma la luce che viene riflessa e noi abbiamo questa impressione della placca bianca) , la leucoplachia, condizione che indica una noxa cronica che ha agito su questo epitelio, che lo ha stimolato ad accrescersi per resistere a questa noxa e quindi è sempre una condizione che può preludere la neoplasia, in quanto è espressione di una noxa cronica che agisce a lungo (maggiormente suscettibile a sviluppare mutazioni che porteranno alla trasformazione).

 

SEDE: Le lesioni possono essere circoscritte e interessare le corde vocali, le false corde o l’epiglottide, a seconda del tipo di stimolo che c’è stato oppure possono essere così estese e confluenti da dare a tutta la mucosa un aspetto ispessito, tipo “pachidermico”.

 

  1. CONDILOMA PIANO

E’ analogo a quello osservato nella cervice uterina, lesione provocata da HPV e a volte anche da ceppi oncogenici e comporta una  alterazione citopatica come quella del papilloma. Anche questa può essere una lesione precancerosa. Lesioni di questo tipo le vediamo anche nella bocca, nel palato, nell’ugula, nelle tonsille.

 

NEOFORMAZIONI MALIGNE LARINGE

  1. CARCINOMA IN SITU LARINGE

Il CARCINOMA IN SITU è una lesione che ancora non ha oltrepassato il limite della mucosa.

Si parla di LIN (neoplasia intraepiteliale laringea).

 

STADIAZIONE : (questa valutazione la facciamo su una biopsia che deve essere orientata e tagliata perpendicolarmente alla superficie).

Il carcinoma in situ si distingue tipicamente in tre stadi (1,2 e 3): 1 e 2 sono lesioni a basso rischio, mentre 3 è considerato una lesione ad alto rischio di diventare invasivo, in ogni caso merita un intervento chirurgico.

  • LIN 1 le alterazioni cellulari si vedono soltanto nel terzo inferiore dell’epitelio
  • LIN 2 metà spessore (ma non a tutto spessore)
  • LIN 3 tutto spessore senza fenomeni di infiltrazione dello stroma.

 

MICROSCOPICO : Epitelio pluristratificato che poggia su una membrana basale.

E’ caratterizzata da alterazioni citologiche ad architettura caratteristica come la perdita della polarità cellulare, polimorfismo, ipercromia nucleare, mitosi negli stati superiori.

A livello del confine epitelio stromale c’è la membrana basale che si può vedere abbastastanza distintamente e c’è anche un infiltrato linfocitario importante, espressione della reazione dell’ospite che tende a limitare il processo patologico e tende a contenerlo.

 

  1. CARCINOMA SQUAMOSO LARINGE (O SQUAMOCELLULARE)

Il CARCINOMA SQUAMOSO è il tumore maligno più frequente tra i tumori testa-collo

INCIDENZA: V, VI, VII decade di età

SEDE:

  • più frequente è alla regione della glottide (determina precocemente DISFONIA) ;La crescita in genere è esofitica, frequentemente il tumore è ulcerato;  parte da una zona localizzata ma può sconfinare attraverso la commessura anteriore alla corda vocale controlaterale o può sconfinare anche alla porzione sovraglottica o sottoglottica.
  • sovraglottici che sono al secondo posto, viene interessata l’epiglottide è molto coinvolto in questo caso il RGE o anche i fumo di tabacco che viene deglutito in gran parte. In questo caso il sintomo è la DISFAGIA (è un tumore che infiltra e compromette la motilità dell’epiglottide che deve essere elastica e facilmente abbassabile e allora può determinare delle piccole aspirazioni di bolo alimentare).
  • Al terzo posto quelli sottoglottici che non danno segno di sé se non quando diventano così grossi da provocare DISPNEA oppure si ulcerano e danno l’EMOFTOE, però in questo caso il tumore è grande.

STADIAZIONE ISTOLOGICA:

  • DIFFERENZIATO
  • MODERATAMENTE DIFFERENZIATO
  • SCARSAMENTE DIFFERENZIATO

ISTOLOGICAMENTE:  si hanno strutture concentriche che sono le perle cornee date dal fatto che gli elementi ancora tendono a maturare e produrre citocheratina

METASTASI: Le metastasi sono soprattutto ematogene e ai linfonodi regionali.

In genere il fatto che ci sia una patologia metastatica del tumore del laringe non comporta un grosso peggioramento delle prognosi, in quanto questi tumori poi posso avere anche lo stesso una prognosi abbastanza buona.

Le metastasi a distanza sono soprattutto al polmone.

 

CLASSIFICAZIONE TNM NEOPLASIE LARINGEE

 

  1. CARCINOMA VERRUCOSO LARINGE

Carcinoma in cui si ha ispessimento della mucosa fatto di cellule quasi normali (è facile sbagliare e prenderlo per una lesione benigna), ma se viene asportato precocemente ha una prognosi ottima, se viene invece asportato tardivamente, quando ha dato metastasi è molto difficile da trattare perché non risponde né alla chemio né alla radioterapia perché è molto differenziato.

 

 

  1. FORME CARCINOMATOSE MENO FREQUENTI

 

  • CARCINOMA A CELLULE FUSATE le cellule ricordano molto quelle di un sarcoma;
  • CARCINOMA BASALOIDE
  • CARCINOMI NEUROENDOCRINI : DIFFERENZIATI quindi CARCINOIDI,

MODERATAMENTE DIFFERENZIATI e SCARSAMENTE DIFFERENZIATI.

  • (molto raro) ADENOCARCINOMA, che viene proprio dalle strutture ghiandolari accessorie.
  • CARCINOMA ADENOIDE CISTICO chiamato CAC: pur essendo scarsamente atipico, ha la caratteristica di infiltrare molto a distanza e dare metastasi precoci un po’ dovunque, non risponde a niente e la sopravvivenza a 5 anni è quasi 0.
  • CARCINOMA NEUROENDOCRINO A PICCOLE CELLULE.
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L'olfatto


L’olfatto è il meno conosciuto dei nostri sensi.

Ciò è imputabile in parte al fatto che la funzione olfattiva è un fenomeno soggettivo, e come tale assai difficile da studiare nell’animale. Ad accrescere la complessità del problema va aggiunto che l’olfatto umano è poco sviluppato in confronto a quello di alcuni animali.

Cellule olfattorie

I recettori per l’olfatto sono le cellule olfattorie od olfattive, rappresentate da neuroni bipolari derivati originariamente dal sistema nervoso centrale. Il loro numero è dell’ordine dei 100 milioni. Esse si trovano nell’epitelio olfattorio interposte a cellule di sostegno. L’estremo mucosale di ogni singola cellula forma un’espansione da cui emergono da 6 a 12 cigli olfattivi del diametro di circa 0,3 micron e della lunghezza massima di 200 micron, che si proiettano nel muco che riveste la superficie interna della cavità nasale, formando una sorta di fitto tappeto . Cosparse tra le cellule olfattive nella compagine della membrana olfattoria sono presenti anche numerose piccole ghiandole di Bowman, che secernono muco alla superficie della membrana stessa.

 

La stimolazione delle cellule olfattive

 

Meccanismo di eccitazione delle cellule olfattive. La porzione delle cellule olfattive che risponde agli stimoli chimici olfattivi è rappresentata dalle ciglia. La sostanza odorosa, giungendo in contatto con la superficie olfattoria, diffonde prima nel muco che ricopre le ciglia, per levarsi poi ad  una proteina recettrice che protrude attraverso la membrana cigliare. Il recettore di membrana è una lunga molecola che attraversa sette volte la membrana a tutto spessore, ripiegandosi verso l’interno e verso l’ esterno. La parte interna del recettore è accoppiata ad una proteina G, formata a sua volta da tre subunità. Quando il recettore viene eccitato, una subunità alfa si stacca dalla proteina H ed immediatamente attiva un’adenil-ciclasi localizzata sul versante interno della membrana cigliare, in prossimità del pirenoforo della cellula recettrice. L’adenil-ciclasi , a sua colta, converte numerose molecole di adenosintrifosfato intracellulare in adenosinmonofaostato-ciclico. Quest’ultimo in fine attiva dei canali al sodio contenuti nella membrana adiacente, con conseguente ingresso di un gran numero di ioni sodio all’interno del citoplasma della cellula recettrice. L’ingresso di ioni sodio è responsabile della positivizzazione della parte interna della membrana cellulare ed eccita il neurone olfattorio che quindi trasmette i potenziali d’azione al sistema nervoso centrale attraverso i nervi olfattivi. L’importanza di un tale meccanismo indiretto per l’attivazione dei nervi olfattivi sta nel fatto che esso amplifica notevolmente l’effetto eccitatorio, anche nel caso di minime quantità di sostanza stimolante. Riassumendo, dunque l’attivazione del recettore da parte della sostanza odorosa attiva il complesso della proteina G; ciò a sua volta attiva un elevato numero di molecole di adenil-ciclasi all’interno della membrana della cellula olfattoria; queste molecole, a loro volta, causano la formazione di un numero ancor maggiore di molecole di AMPc; l’AMPc provoca l’apertura di una quantità ancora superiore di canali al sodio. Anche la più piccola concentrazione di una sostanza odorosa specifica è quindi in grado di dare inizio ad un effetto a cascata che porta all’apertura di un numero estremamente elevato di canali sodio. Ciò rende conto della altissima sensibilità dei neuroni olfattivi nei confronti di quantità anche minime di sostanze odorose.

In aggiunta ai meccanismo chimici elementari di eccitazione delle cellule olfattive, diversi fattori fisici influenzano il grado di stimolazione. Infatti soltanto le sostanze volatili che possono essere aspirate nelle cavità nasali possono agire da stimolo efficace: la sostanza stimolante deve essere almeno parzialmente solubile in acqua, per poter attraversare il muco che riveste le cellule olfattive: essa deve essere anche leggermente liposolubile, presumibilmente perché i costituenti lipidici della membrana cigliare terrebbero altrimenti lontana la sostanza odorosa delle proteine recettrici della membrana stessa.

 

Potenziali di membrana e potenziali d’azione delle cellule olfattive.

 

Nelle cellule olfattive non stimolate il potenziale di membrana misurato mediante microelettrodi è di circa -55 mV, ed a questo potenziale la maggior parte delle cellule generano sequenze continue di potenziali d’azione a frequenza assai bassa, variabile da ciclo ogni 20 secondi a frequenza assai bassa, variabile da un ciclo ogni 20 secondi fino a 2-3 cicli al secondo.

La maggior parte delle sostanze odorose provocano depolarizzazione delle membrana della cellula olfattiva, riducendone il potenziale negativo da -55 mV a 30 mV, od anche meno. A ciò si accompagna un aumento della frequenza dei potenziali di azione, fino a circa 20 cicli al secondo, il che rappresenta un valore molte elevato per le piccole fibre nervose olfattive, il cui diametro è soltanto una frazione di micron. Alcune sostanze odorose iperpolarizzano la membrana della cellula olfattiva e così riducono , anziché aumentarla, la frequenza di scarica della fibra nervosa.

Entro ampo limiti , la frequenza degli impulsi nelle fibre nervose olfattive è approssimativamente proporzionale al logaritmo dell’intensità dello stimolo, il che sta ad indicare che i recettori olfattivi obbediscono a principi di strasduzione simili a quelli di altri recettori sensoriali.

 

Adattamento

 

I recettori olfattivi si adattano nella misura di circa il 50% nel corso del primo secondo dall’inizio della stimolazione. Successivamente, essi continuano ad adattarsi, Ma assai poco e molto lentamente. Sappiamo bene, tuttavia, per comune esperienza che l’olfatto si adatta quasi fino all’estensione completa della sensazione entro circa un minuto dall’inizio dell’esposizione ad un forte odore. Poiché questo adattamento psicologico è molto maggiore del grado di adattamento rilevato a livello dei recettori periferici, è quasi certo che esso è un fenomeno prevalentemente centrale, come è stato postulato anche nel caso dell’adattamento del senso del gusto. Il meccanismo responsabile sembra essere correlato all’esistenza di un gran numero di fibre nervose efferenti che, attraverso il tratto olfattorio, connettono le regioni olfattorie cerebrali con speciali cellule inibitrici situate nel bulbo olfattorio, delle cellule granulari. Si può supporre che in seguito alla presentazione di uno stimolo olfattivo, il sistema nervoso centrale sviluppi gradualmente un forte segnale inibitorio retroattivo, mirato a bloccare la trasmissione dell’informazione sensoriale attraverso il bulbo olfattorio.

 

Gli odori primari

 

In passato, la maggior parte dei fisiologi era convinte che il gran numero di odori che possiamo percepire dipendesse dalla combinazione di poche sensazioni olfattive primarie, così come l’ampia gamma di colori e di sapori percepiti mediante la visione ed il gusto sarebbero ottenuti attraverso la combinazione di un numero limitato di sensazione elementari. In base a test psicologici, era anche stata proposta la seguente classificazione in sette gruppo degli odori primari

 

1)Canforaceo (aromatico)

2)Muschioso

3) Floreale

4) Mentoso

5) Etereo

6) Pungente (acre)

7) Putrido

 

E’ tuttavia certo che questa lista non è per nulla rappresentativa delle vere sensazioni olfattive primarie. In effetti in base a osservazioni recenti, derivate anche da studi specifici sui geni che codificano per le proteine recettrici, le sensazioni olfattive primarie potrebbero essere 100 o forse anche 1000- un numero ben diverso da quello dei colori primari nella visione cromatica, che sono soltanto tre , e dei pochi sapori primari identificati nel caso del senso del gusto. Sono stati descritti, ad esempio, soggetti anosmici  per singole sostanze, e questo tipo di anosmia è stato obiettivato per più di 50 molecole diverse. Si presume che l’anosmia per ciascun odore sia espressione della mancanza della relativa proteina recettrice.

 

Caratterizzazione affettiva dell’olfatto.

 

L’olfatto così come il gusto , presenta una caratterizzazione affettiva che può essere gradevole oppure sgradevole. Per tale motivo, l’olfatto è altrettanto importante, o addirittura più importante, del gusto nella scelta del cibo. Un soggetto che in una prima occasione abbia assunto del cibo che gli ha provocato disturbi , la volta successiva rimane spesso nauseato anche in presenza del semplice odore dello stesso tipo di cibo. Odori di altro tipo, associati ad una esperienza spiacevole, possono anch’essi evocare una sensazione sgradevole. Al contrario profumi appropriati possono produrre effetti devastanti nel campo delle emozioni maschili. Si aggiunga che per alcuni animali gli odori costituiscono il principale richiamo sessuale.

 

Soglia olfattiva

 

Una delle principali caratteristiche dell’olfatto è rappresentata dalla scarsissima quantità di agente stimolante che deve essere presente nell’aria per evocare una sensazione olfattiva. Per esempio , l’odore del metilmercaptano può essere percepito anche ad una concentrazione di appena 1/25.000000000 di mg/ml di aria. Per tale motivo, questa sostanza viene addizionata al gas combustibile per dare alla miscela un odore facilmente in caso di fuga di gas dalle condutture.

 

Gradazione di intensità delle sensazioni olfattive.

 

Benchè le concentrazioni soglia delle sostanze odorose siano estremamente basse , per molte, se non per la maggior parte di esse, la massima intensità della sensazione olfattoria viene raggiunta con concentrazioni da 10 a 50 volte superiori alla soglia. Ciò è ben diverso da quanto accade per la massima parte degli altri sistemi sensoriali, per cui il campo delle intensità rilevabili è enormemente più ampio-da 500.000 a 1, ad esempio , per la visione e da 1.000.000.000.000 ad 1 per l’udito. Forse la spiegazione di questo enorme divario è che l’olfatto è preferenzialmente deputato alla rilevazione della presenza o dell’assenza di odori, piuttosto che nella valutazione quantitativa della loro intensità.

 

La trasmissione centrale dei segnali olfattivi

 

Le aree olfattive rappresentano il nucleo filogeneticamente più antico dell’encefalo, intorno a cui sono sviluppate gran parte delle altre strutture cerebrali. In effetti, la parte dell’encefalo originariamente responsabile della funzione olfattiva si è successivamente evoluta formando le strutture della base del cervello che nell’uomo controllano le emozioni ed altri aspetti del comportamento, strutture che nel loro insieme costituiscono il cosiddetto sistema limbico.

 

Trasmissione dei segnali olfattivi nel bulbo olfattorio.

 

Le aree olfattive rappresentano il nucleo filogeneticamente più antico dell’encefalo, intorno a cui sono poi sviluppati gran parte delle altre strutture cerebrali. In effetti, la parte dell’encefalo originariamente responsabile della funzione olfattiva si è successivamente evoluta formando le strutture della base del cervello che nell’uomo controllano le emozioni ed altre aspetti del comportamento, strutture che nel loro insieme costituiscono il cosidetto sistema libico.

 

Trasmissione dei segnali olfattivi nel bulbo olfattorio

 

Il bulbo olfattorio, chiamato anche I nervo cranico. Sebbene esso assomigli ad un nervo , in realtà non è altro che una evaginazione del tessuto cerebrale della base del cervello, che termina con un’espansione bulbare, il bulbo olfattorio appunto, appoggiato sulla lamina cribrosa dell’osso etmoide appunto, appoggiato sulla lamina cribrosa dell’osso etmoide che separa la cavità cranica dalle estremità superiori delle cavità nasali. La lamina cribrosa è dotata si numerosi piccoli fori, attraverso i quali un egual numero di piccoli nervi collegano la membrana olfattoria situata nelle cavità nasali con il bulbo olfattorio nella cavità cranica.  Ciascuno dei due bulbi contiene diverse migliaia di questi glomeruli, ognuno dei quali riceve 25.000 assoni provenienti dalle cellule olfattive. In ogni glomerulo terminano anche i detriti di circa 35 grandi cellule mitrali e di circa 60 piccole cellule a pennacchio, i cui corpi cellulari sono situati anch’essi nel bulbo olfattorio, superiormente ai glomeruli. Queste cellule a loro volta inviano assoni attraverso il tratto olfattorio al sistema nervoso centrale. Recenti ricerche fanno supporre che i differenti glomeruli rispondano a segnali evocati a odori differenti. E’ possibile , perciò , che l’analisi dei segnali diversi odori trasmessi al sistema nervoso centrale avvenga tramite l’attivazione di specifici glomeruli.

 

Il sistema olfattivo arcaico, quello antico e quello recente.

 

Il tratto olfattorio entra nell’encefalo a livello della parte anteriore della giunzione tra mesencefalo e proencefalo per dividersi poi in due contingenti, uno diretto medialmente all’aria olfattoria mediale, e l’altro diretto lateralmente all’area olfattoria laterale. L’area olfattoria mediale costituisce il sistema olfattivo più antico , o arcaico, mentre l’area olfattoria laterale rappresenta l’ingresso ad un sistema meno antico e ad uno più recente.

 

Il sistema olfattivo arcaico – L’area olfattoria mediale.

 

L’area olfattoria mediale è costituita da un gruppo di nuclei situati nelle porzioni mediobasali del cervello, anteriormente all’ipotalamo. Particolarmente evidenti sono i nuclei del setto che sono situati sulla linea mediana e proiettano all’ipotalamo e ad altre parti del sistema limbico, deputato come abbiamo al controllo dei comportamenti elementari.

L’importanza dell’area olfattoria mediale può essere meglio compresa se si considera ciò che succede quando in un animale vengano asportate le aree olfattorie laterali di entrambi i lati, rispettando invece il sistema olfattivo mediale. Si osserva infatti che l’asportazione delle aree laterali è in grafo di abolire i riflessi condizionati complessi evocati dagli stimoli olfattivi ( quali il leccamento delle labbra,  la salivazione, ed altre risposte connesse con la nutrizione, ma provocate dall’odore del cibo.) o sulle pulsioni emozionali primitive associate all’olfatto.

Il sistema olfattivo antico- L’area olfattoria laterale.

L’area olfattoria laterale è costituita principalmente dalla corteccia prepiriforme e piriforme e della porzione neocorticale dei nuclei amigdaloidei. Da queste aree i segnali vengono trasmessi a quasi tutte le strutture del sistema libico ed in particolare alle aree meno primitive, come l’ippocampo, che sembra svolgere un ruolo essenziale nei processi di apprendimento- in questo caso presumibilmente in riferimento all’acquisizione di preferenze o di avversioni per determinati cibi, in seguito a precedenti esperienze alimentari. E’ , ad esempio, in virtù della funzione di questa area olfattoria laterale e delle sue numerose connessioni con il sistema libico che controlla il comportamento, che un soggetto acquisisce un’assoluta avversione per i cibi che gli abbiano in precedenza causato nausea e vomito. Un aspetto importante dell’area olfattoria laterale è che essa presenta numerose connessioni dirette con una parte filogeneticamente antica della corteccia cerebrale, detta paleocorteccia , localizzata nella porzione anteromediale del lobo temporale. Quest’area è l’unica dell’ntera corteccia cerebrale alla quale i segnali sensoriali giungono direttamente, senza essere stati prima elaborati attraverso il talamo.

 

Il sistema olfattivo più recente.

 

E’ stata anche individuata una via olfattiva più recente, che passa attraverso il talamo facendo stazione nel nucleo dorsomediale, da cui si proietta al quadrante lateroposteriore della corteccia orbitofrontale. In base a ricerche condotte sulla scimmia, questo sistema più recente interviene probabilmente nell’analisi cosciente degli odori.

 

Sembra pertanto che esista un sistema olfattivo arcaico, che provvede ai riflessi olfattivi un sistema antico, che assicura il controllo automatico, basato però su esperienze precedenti, dell’assunzione dei cibi e del rifiuto nei confronti di sostanze dannose o comunque inadatte all’organismo, ed infine un sistema olfattivo recente, paragonabile alla maggior parte degli altri sistemi sensoriali corticali, responsabile della percezione cosciente dell’informazione olfattiva.

 

Controllo centrifugo dell’attività del bulbo olfattorio da parte del sistema nervoso centrale. Un numero elevato di fibre nervose, provenienti dalle aree olfattorie cerebrali, attraverso il tratto olfattorio raggiungono il bulbo olfattivo decorrendo pertanto in direzine “centrifuga” dal cervello verso la periferia. Queste fibre terminali su un gran numero di piccole cellule granulari situate nella parte centrale del bulbo olfattivo, le quali a loro volta inviano brevi connessioni inibitorie alle cellule mitrali ed alle cellule a pennacchi. E’ probabile che questo feedback inibitorio sul bulbo olfattivo possa contribuire ad affinare la capacità del soggetto di discriminare un odore da un altro.

 

 

 

 

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Il gusto


I sensi chimici: il gusto

 

Il gusto e l’olfatto ci consentono di distinguere le sostanze utili all’organismo da quelle indesiderabili e dannose. Molti animali, inoltre, sono in grado  di avvertire con il solo senso dell’olfatto la vicinanza di altri animali e giungono anche ad identificare un particolare individuo all’interno di un gruppo. Sia il gusto che l’olfatto, infine, sono profondamente coinvolti nelle funzioni emozionali e comportamentali primitive del sistema nervoso.

Il Gusto

Il senso del gusto è da attribuire principalmente alla funzione di bottoni gustativi della mucosa del cavo orale, ma è esperienza comune che ad esso concorra in forte misura anche l’olfatto. Inoltre , la consistenza del cibo, rilevata dai meccanocettori della cavità orale e l’aggiunta di spezie come il pepe, che stimolano le terminazioni dolorifiche, condizionano fortemente l’esperienza gustativa. L’importanza del gusto sta nel fatto che esso permette al soggetto di selezionare gli alimenti secondo le proprie preferenze , e spesso anche secondo le necessità metaboliche dei tessuti nei confronti di specifiche sostanze nutritive.

 

Le sensazioni gustative primarie

 

Le conoscenze sulla natura delle sostanze chimiche che eccitano in modo specifico differenti recettori gustativi sono ancora molto incomplete. Esperienze di neurofisiologia, tuttavia hanno permesso di identificare almeno 13 possibili e probabili recettori per il sodio, due recettori per il potassio , un recettore per il cloro, un recettore per l’adenosina, un recettore per l’inosina, due recettori per il dolce, due recettori per l’amaro, un recettore per il glutammato ed un recettore per ione idrogeno. In pratica però, per l’esame funzionale del gusto, le suddette proprietà recettoriali sono state riunite in 4 categorie fondamentali o sensazioni gustative primarie:

Acido

Salato

Dolce

Amaro.

 

 

Il bottone gustativo e la sua funzione.

I bottoni gustativi sono localizzati nei tre tipo di papille linguali. Essi sono presenti in gran numero sulle pareti degli avvallamenti che circondano le papille circumvallate, disposte a V sulla superficie posteriore della lingua, in numero limitato sulle papille fungiformi della superficie liscia anteriore della lingua, in numero limitato sulle papille foliate situate all’interno delle pliche poste lungo le superfici laterali della lingua. Altri bottoni gustativi sono situati sul palato ed alcuni anche sui pilastri tonsillari, sull’epiglottide e pedino nella parte prossimale dell’esofago. Nell’adulto esistono da 3.000 a 10.000  bottoni gustativi un po di più nel bambino. Oltre i 45 anni di età molti bottoni gustativi degenerano e la sensibilità gustativa progressivamente si riduce. I bottoni gustativi per i differenti sapori primari tendono a concentrarsi in zone specifiche. Il gusto per il dolce e quello per il salato sono principalmente localizzati sulla punta della lingua, il gusto per l’acido sui margini laterali della lingua e quello per l’amaro sulla parte posteriore della lingua e sul palato molle.

 

Specificità dei bottoni gustativi per i sapori primari.

Registrazioni eseguiti con microelettrodi da singoli bottoni gustativi hanno dimostrato che ciascuno di essi risponde generalmente soltanto ad uno dei quattro stimoli gustativi primari quando la sostanza in esame è in bassa concentrazione. Ad alte concentrazioni, tuttavia , la maggior parte dei bottoni può essere eccitata da due, da tre o anche da tutti e quattro i tipo di stimoli, come pure da alcuni altri stimoli gustativi non classificabili all’interno dei quattro gruppi “primari”.

 

Il meccanismo di eccitazione dei bottoni gustativi.

 

La membrana della cellula gustativa , come quella di altre cellule recettrici, è elettronegativa all’interno rispetto all’esterno. Quando una sostanza sapida viene a contatto con in microvilli della cellula gustativa la negatività si riduce, cioè la cellula si depolarizza. Entro un ampio ambito, questa diminuzione di potenziale , è approsimativamente proporzionale al logaritmo della concentrazione della sostanze stimolante. Questa variazione di potenziale della cellula gustativa rappresenta il recettore per il gusto. Si ritiene che il meccanismo con cui la sostanza stimolante agisce sui microvilli per generare il potenziale di recettore consista nella combinazione della sostanza stessa con molecole recettrici proteiche che protrudono attraverso la membrana del microvillo. Ciò condurrebbe all’apertura di canali ionici per il sodio, il quale, entrando nella cellula, ne provocherebbe la depolarizzazione. La sostanza sarebbe poi gradualmente asportata dai microvilli ad opera della saliva, con conseguente rimozione dello stimolo gustativo. Il tipo di proteina recettrice in ciascun microvillo stabilisce il tipo di sapore che deve essere codificato. Per gli ioni sodio e gli ioni idrogeno, che evocano rispettivamente , il sapore del salato e dell’amaro, le proteine recettrici aprono specifici canali ionici a livello felle membrane apicali delle cellule, attivando così il recettore. Invece , per i sapori del dolce e dell’amaro , le proteine recettrici aprono specifici canali ionici a livello delle membrane apicale delle cellule gustative. , attivando cosi i recettori. Invece per i sapori del dolce e dell’amaro. La porzione di proteina recettrice che protrude dalla membrana apicale, attiva un trasmettitore che funziona da secondo messagero all’interno della cellula gustativa, ed è proprio questo secondo messagero che causa questi cambiamenti chimici che portano al segnale gustativo.

 

Generazione di impulsi nervosi a livello del bottone gustativo.

 

All’applicazione dello stimolo gustativo la frequenza di scarica delle fibre nervose raggiunge un massimo entro una frazione di secondo , ma si adatta entro i successivi due secondi, riducendosi ad un valore stazionario più basso. La fibra nervosa gustativa, pertanto trasmette un segnale immediato di elevata intensità e successivamente un segnale continuo più debole che si prolunga finchè perdura l’esposizione allo stimolo.

 

La trasmissione centrale dei segnali gustativi

 

Le informazione gustative provenienti dai due terzi anteriori della lingua passano prima nel nervo trigemino e poi , attraverso la corda del timpano, nel nervo facciale, raggiungendo successivamente il tratto solitario nel tronco dell’encefalo. I segnali provenienti dalle papille circumvallate della parte posteriore della lingua e dal retrobocca viaggiano invece nel nervo glossofaringeo, ma giungono anch’essi al tratto solitario, sebbene ad un livello leggermente più caudale. Infine, un numero ridotto di fibre gustative provenienti dalla base della lingua e dal faringe si portano al tratto solitario attraverso il nervo vago.

Tutte le fibre gustative fanno sinapsi nei nuclei del tratto solitario, dai quali prendono origine le fibre dei neuroni di secondo ordine che terminano in una piccola area del nucleo ventrale posteromediale del talamo, in una posizione leggermente mediale rispetto alle terminazioni talamiche del sistema lemniscale. Dal talamo, i neuroni di terzo ordine proiettano all’estremo inferiore del giro postcentrale della corteccia parietale laddove questa si approfonda nella scissura di Silvio e nella adiacente area opercoloinsulare , anch’essa localizzata nella scissura di Silvio. Questa area è leggermente laterale, ventrale e rostrale rispetto all’area di rappresentazione della lingua nella corteccia somestesica I. Da quanto abbiamo detto , è evidente come le vie gustative siano strettamente parallele alle vie della sensibilità somestesica della lingua.

Riflessi gustativi integrati nel tronco encefalico.

Dal tratto solitario un elevato traffico di impulsi raggiunge direttamente i nuclei salivari superiore ed inferiore i quali a loro volta inviano comandi alle ghiandole sottomascellare, sottolinguale e parotide per il controllo della secrezione salivare durante l’ingestione del cibo.

 

Adattamento del gusto.

 

E’ esperienza comune quanto le sensazione gustative siano soggette ad un rapido adattamento, che spesso è pressochè completo dopo circa un minuto di stimolazione continua. Esperienze elettrofisiologiche eseguite su fibre nervose gustative mostrano però chiaramente che l’adattamento a livello dei bottoni gustativi è in grado di spiegare non più della metà di tale effetto. Si deve perciò concludere che l’adattamento delle sensazioni gustative si verifica nel sistema nervoso centrale, benchè non sia ancora chiara con quale meccanismo ed in quale sede. Si tratta in ogni caso di un meccanismo differente da quello operante nella maggior parte degli altri sistemi sensoriali, in cui l’adattamento ha luogo principalmente a livello dei recettori.

 

Le preferenze gustative e il controllo della dieta.

 

Un animale può scegliere alcuni alimenti preferendoli ad altri e può usare in modo automatico questa forma di selezione per controllare la propria dieta. Inoltre, le sue preferenze gustative spesso si modificano in relazione alla necessità dell’organismo nei confronti dei sostanze specifiche. La capacità dell’animale di scegliere gli alimenti in accordo con le sue richiesta nutritive è dimostrata da varie osservazioni sperimentali. Se, ad esempio animali surrenectomizzati vengono messi in condizione di poter bere acqua contenente un’alta concentrazione di cloruro di sodio , si osserva che essi preferisco l’acqua salare, ed in casi è sufficiente a compensare le richieste dell’organismo e ad evitare la morte per deplezione salina. Analogamente, un animale reso ipoglicemico della somministrazione di alte dosi di insulina selezionerà automaticamente i cibi più dolci tra quelli che gli vengono offerti. Ancora, animali paratiroidectomizzati sceglieranno automaticamente di bere acqua contenente un ‘ elevata concentrazione di cloruro di calcio, anziché acqua pura. Fenomeni simili si osservano anche in numerose circostanze della vita quotidiana. E’ ben noto , ad esempio, che nelle regioni desertiche gli animali che percorrono grandi distanze, attratti dai giacimenti salini, e che gli esseri umani rifiutano cibo che evocano sensazioni sgradevoli, il che in molti casi ha certamente il significato di un meccanismo protettivo nei confronti di sostanze nocive.

Il fenomeno della preferenza gustative dipende quasi certamente da meccanismi nervosi centrali e non da meccanismi localizzati a livello recettoriale, sebbene, sia anche vero che i recettori stessi possono divenire più sensibili a sostanze nutrienti quando queste sono in qualche misura carenti.

Un importante argomento che induce a ritenere che la preferenza gustativa abbia principalmente un’origine centrale è il fatto che nel determinare le differenti preferenze gustative di un individuo hanno un ruolo fondamentale  le esperienze precedenti gradevoli o sgradevoli legate a certi sapori. Se, ad esempio, un soggetto si è sentito male subito dopo aver assunto un certo alimento. Egli tenderà ad acquisire da qual momento un’inclinazione gustativa negativa, cioè un’avversione per quel tipo di alimento. Lo stesso fenomeno può essere dimostrato nell’animale.

 

 

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Accenni di microanatomia e fisiologia del sistema vestibolare


 

 

L’equilibrio e l’orientamento del corpo sono mantenuti dalla cooperazione funzionale di 3 sistemi sensoriali.

 

  • Il sistema vestibolare.
  • Il sistema visivo.
  • Il sistema propriocettivo.

 

Questi sistemi cooperano per il mantenimento dell’orientamento spaziale, della postura in piedi , dello sguardo e dei movimenti oculari.

Le principali funzioni del sistema vestibolare sono:

 

-fornire al cervello informazioni sui movimenti della testa ( accelerazione angolare e lineare) e sull’orientamento della testa in relazione alla gravità.

-Controllare continuamente il tono dei muscoli scheletrici ed attivare i muscoli antigravitazionali per mantenere l’equilibrio corporeo ( riflesso vestibolo-spinale).

-Controllare i movimenti oculari in risposta ad accelerazioni del capo, per mantenere lo sguardo (riflesso Vestibolo-Oculare, Vor).

 

L’elemento di base della struttura periferica vestibolare nell’orecchio interno è la cellula ciliata. Questa cellula funziona come trasduttore in grado di trasformare le forze meccaniche in segnali neurali. Le cellule ciliate vestibolare ( simili a quelle cocleari) sono caratterizzate da un gruppo di ciglia che protudono sulla superficie apicale. A differenza delle cellule ciliate cocleari, ciascun gruppo è composto da un ciglio più spesso e più lungo, il Kinociglio, e di multiple cilia più sottili le cui stereociglia diminuiscono in altezza a partire dal Kinociglio e verso il polo opposto. Nel labirinto vestibolare sono state descritte da Warsall 2 tipi di cellule ciliate:

Tipo 1 : globulare o a fiasco, con una terminazione nervosa a tipo grande calice che circonda la sua base.

Tipo 2 cilindrica, con alla base delle terminazioni nervose a bottone multiplo.

 

La cellula ciliata è sensibile a forze che agiscono parallelamente al vertice della sua superficie, con conseguente deflessione delle cilia ( forza tagliente). E’ stato dimostrato che le stereocilia ed il kinociglio si muovono insieme , piegandosi ala base. Questa deflessione causa una deformazione della superficie superiore delle cellule ciliate ( lamina cuticolare), con modificazioni della permeabilità selettiva e della resistenza della membrana della cellula ciliata. Questo rapporto selettivo viene attuato con apertura e chiusura dei canali che permettono il passaggio di certi ioni attraverso la membrana cellulare.

 

Le variazioni di voltaggio prodotte in vicinanza delle cellule ciliate sono conosciute come potenziali microfonici e , contrariamente al potenziale d’azione del nervo, possono seguire la frequenza di stimolazione sopra diverse migliaia di Hertz. Analogamente alle cellule ciliate cocleari , le stereociglia delle cellule vestibolari contengono molecole di actina che influenzano la rigidità delle cilia in certe condizioni, Il processo di trasduzione dei movimenti del capo in segnali neurali è probabilmente influenzato dalle specifiche proprietà delle stereociglia , determinate dalla loro differente localizzazione anatomica. Un’importante proprietà di base della funzione delle cellule vestibolari è l’esistenza di un’attività spontanea relativamente alta dei neuroni afferenti che le innervano, e che è dovuta probabilmente al rilascio spontaneo di neurotrasmettitori attraverso la sinapsi. Il ritmo di scarica spontaneo varia tra i differenti recettori. Esso  può raggiungere valori fino a 90 spikes al secondo in alcune fibre afferenti che innervano le cellule ciliate dei mammiferi. La deflessione delle ciglia verso il Konocicglio causa depolarizzazione delle cellule ciliate , con conseguente aumento del ritmo di scarica delle fibre afferenti fino ad un valore di diverse centinaia di spikes al secondo. La deflessione delle cilia in senso opposto al Kinociglio causa un’iperpolarizzazione delle cellule ciliate, che risulta in una diminuzione del ritmo di scarica.

 

Recettori Vestibolari

Le creste ampollari

I canali semicircolari sono allineati per formare un sistema coordinato.Il piano del CS laterale forma un angolo di 30° con il piano orizzontale; i canali verticali ( posteriore e superiore) sono disposti su di un piano quasi ortogonale fra di loro e in rapporto al canale laterale.

 

 

All’apertura anteriore del canale laterale e superiore, ed a quella inferiore del canale posteriore, ciascuna formazione tubulare si dilata per formare un’ampolla che contiene il recettore periferico, sensibile all’accelerazione angolare, ovverosia la cresta ampollare. La cresta in ciascuna ampolla si trova su di un piano perpendicolare rispetto all’asse longitudinale del canale. Una struttura gelatinosa ( cupola), che ha la stessa gravità specifica dei liquidi circostanti, si estende dalla superficie della cresta all’apice dell’ampolla. Le cellule ciliate sono organizzate all’apice della cresta, con le cilia che protrudono nella cupola ed il Kinociflio orientato nella stessa direzione all’interno de ciscuna cresta: nel canale laterale. Il Kinociglio è diretto verso il lato utricolare dell’ampolla, mentre nei canali verticali i Kinocigli sono orientati verso il suo lato canalare.

Questa differenza nella polarizzazione spiega la differente sensibilità direzionale tra canale laterale e verticali. I neuroni che innervano il canale laterale aumentano la loro attività spontanea quando l’endolinfa e la cupola si muovono verso l’utricolo ( flusso ampullipeto), mentre quelli dei canali verticali l’aumentano con un flusso endolinfatico ampullifugo ( con direzione di allontanamento dell’utricolo).

Per rotazione sinusoidali di piccola ampiezza, la modulazione è quasi simmetrica intorno a valori di scarica basale. Per stimoli si ampiezza maggiore, le risposte diventano asimmetriche, dal momento che l’eccitazione può aumentare fino a 400 spikes al secondo , mentre l’inibizione massimale è limitata all’abolizione dell’attività spontanea. Questi principi fisiologici spiegano le osservazioni di Ewald del XIX secolo, note oggi come leggi di Ewald, che regolano la funzione dei canali semicircolari:

-i movimenti oculari si verificano sul piano del canale semicircolare stimolato, in direzione del flusso endolinfatico.

– il flusso ampullipeto endolinfatico nel canale laterale causa una risposta maggiore ( movimenti oculari) del flusso ampullifugo.

– il flusso endolinfatico ampullifugo nel canale verticale causa una risposta maggiore che un flusso ampullipeto.

 

La cresta ampollare non è sensibile a forze gravitazionali dal momento che la cupola ha la stessa specificità gravitazionale dei fluidi circostanti. La cresta è sensibile alle accelerazioni angolari del capo, che risultano in  un depiazzamento dell’endolinfa e della cuiola, con deflessione delle cilia delle cellule ciliate verso la direzione opposta, e che è dovuta  all’inerzia.

 

Il movimento della cupola è stato descritto essere simile a quello di un pendolo in un mezzo vischioso. Ciò è stato sviluppato in un modello fisico-matematico da diversi ricercatori ed è conosciuto come modello di pendolo della funzione dei canali semicircolari. Secondo i principi di Newton, quando una forza viene applicata alla testa in modo da produrre un’accelerazione angolare verso una particolare direzione, la cupola e l’endolinfa- per inerzia- tendono a muoversi nella direzione opposta.

  • La forza dovuta alla viscosità dell’endolinfa, che è proporzionale alla velocità di movimento dei fluidi:
  • La forza elastica legata alle proprietà elastiche delle connessioni cupolari nell’ampolla
  • L’inerzia dovuta alla massa di cupola ed endolinfa.

 

In pratica, le forze dovute all’inerzia ed alle proprietà elastiche sono di poco conto rispetto alla viscosità. Improvvise variazioni di velocità causeranno un improvviso depiazzamento della cupola, seguito da un graduale ritorno esponenziale della cupola verso la linea mediana. L’entità del ritorno è determinata dalla costante a lungo termine della cupola.

 

Le macule

Nel vestibolo del labirinto osseo, vi sono due cavità globose del labirinto membranoso: l’utricolo ed il sacculo. Ciascuna cavità possiede uno speciale recettore vestibolare (macula), sensibile all’accelerazione lineare ed alla forza gravitazionale. La macula dell’utricolo è principalmente localizzata su di un asse orizzontale, vicino e simile a quello del canale laterale. La macula del sacculo è localizzata sulla parete mediale del sacculo, principalmente su di un piano sagittale. Ciascuna macula consiste di un neuroepitelio (cellule ciliate) misto a cellule di sostegno, occupante un’area inferiore ad 1 mm”

 

 

La superficie delle macule è ricoperta dalla membrana otolitica, composta di una rete di fibre immerse in un materiale gelatinoso, di composizione simile alla cupola, con uno strato superficiale di cristalli di carbonato di calcio- gli otoliti.

Le cilia delle cellule ciliate della macula protrudono nella membrana otolitica. La striola è una specifica area curva della macula, che passa per il centro e divide ciascuna delle  macule in 2 aree.

Le cellule ciliate da ciascun lato della macula sono orientate in modo tale che i Kinocigli siano in direzione opposta (nell’utricolo i Kinocigli sono di fronte alla striola, nel sacculo sono rivolti dall’altra parte). Perciò il depiazzamento della membrana otolitica verso una certa direzione produce un effetto fisiologico opposta su ciascun lato della striola: eccitazione in un lato , inibizione nell’altro.

Comunque, il cervello è allenato ad interpretare questa informazione contraddittoria come un’accelerazione lineare ( o forza gravitazionale) verso una particolare direzione. Anche quando la testa è dritta o a riposo, la membrana otolitica, a causa della sua alta gravità specifica, esercita una forza sulle cilia del recettore. Tale forza può essere divisa in 2 vettori: uno tangenziale (Ft) e l’altro perpendicolare (Fn) alla superficie della macula. Durante un’ inclinazione statica, l’ampiezza di Ft è proporzionale al seno dell’angolo di inclinazione. Durante un’accelerazione lineare del capo, la forza che agisce sulla membrana otolitica è il risultato di due forze: una è quella di inerzia nella direzione opposta a quella dell’accelerazione del capo (Ft) e la seconda è la forza di gravità (Fg). La sommazione vettoriale di queste forza è la forza di gravità apparente. Le informazione sul depiazzamento della membrana otolitica sono trasmesse al cervello dove vengono attivati i riflessi per l’attivazione dei muscoli che si oppongono alle forze che agiscono sul capo e sul corpo.

 

Organizzazione vestibolare  centrale

I neuroni primari vestibolari afferenti si dividono in branche ascendenti e discendenti dopo l’ingresso nel tronco dell’encefalo.

La branca ascendente termina o nei nuclei vestibolari o nel cervelletto. I Nuclei vestibolari che sono localizzati nel pavimento del IV ventricolo, sono stati tradizionalmente suddivisi in 4 settori : mediale, laterale, superiore ed inferiore.

Esistono delle considerevoli sovrapposizioni tra le connessioni dei neuroni vestibolari primari,ma la ,maggior parte delle fibre dell’utricolo e del sacculo terminano nei nuclei laterale ed inferiore.

Perciò , i nuclei vestibolare, superiore e mediale, sono principalmente associati con i riflessi vestibolo-oculari, mentre i nuclei vestibolari laterale ed inferiore possono considerarsi stazioni di collegamento per il controllo dei riflessi vestibolo-spinale. I nuclei vestibolari ( soprattutto il nucleo vestibolare inferiore) ricevono input anche dal cervelletto e dalla formazione reticolare.

Riflessi vestibolo-oculari

Le connessioni tra nuclei vestibolare ed oculomotori sono di due tipi:

  • Via diretta dei neuroni vestibolari ai neuroni oculomotori ( per i nuclei dei nervi cranici III,IV e VI).
  • Via indiretta attraverso le connessioni nella sostanza reticolare (via multisinaptica).

 

La via diretta è parte del fascicolo longitudinale mediale (mlf) che rappresenta il fascio principale di connessione tra nuclei dei nervi cranici e tronco encefalico.

I neuroni primari vestibolari che innervano i canali semicircolari sono connessi con i motoneuroni che controllano i movimenti oculari in modo tale che la stimolazione di un dato canale risulta in un movimento oculare sul piano di quel canale. Per i movimenti oculari orizzontali, ad esempio, l’eccitazione dei neuroni del canale semicircolare primario laterale risulta nell’eccitazione dei neuroni dei nuclei oculomotore ipsilaterale ed abducente controlaterale ( contrazione del muscolo retto mediale di destra e di quello retto laterale di sinistra) e nell’inibizione dei neuroni dei nuclei abducente ipsilaterale ed oculomotore controlaterale, dando così luogo ad uno spostamento coniugato degli occhi verso sinistra.

Il processo è comunque molto più complicato ,dal momento che l’eccitazione del nervo per il canale semicircolare destro è generalmente accompagnata dall’inibizione del nervo che innerva il canale laterale di sinistra. In aggiunta , le fibre commissurali tra due nuclei vestibolari giocano un ruolo importante per il controllo dei VOR. I neuroni vestibolari secondari di un lato possono inibire i neuroni simili dell’altro lato. Queste fibre commissurali sono importanti in particolare dopo perdita vestibolare unilaterale, dal momento che possono fornire le modalità attraverso le quali un singolo labirinto può controllare i nuclei vestibolari di entrambi i lati, mantenendo così i VOR.

 

Nistagmo

 

Se un soggetto è ruotato nel buio verso una particolare direzione, gli occhi , per le connessioni del VOR, si muoveranno verso la direzione opposta con una velocità uguale ed opposta alla velocità della testa (movimento oculare compensatorio).

Questa è la principale funzione del VOR: mantenere la misura sul bersagli. Comunque se l’angolo di rotazione è ampio, il movimento compensatorio lento degli occhi viene interrotto da rapidi movimenti nella direzione opposta (movimenti oculari saccadici). Perciò , si produce un movimento oculare ritmico ( nistagmo) , composto di una componente lenta ( movimento oculare compensatorio) e di una rapida ( saccadici).Questi ultimi sono generati dall’improvvisa scarica di neuroni nella formazione reticolare parapontina.

Con questo meccanismo, gli occhi compensano ( per sommazione dei movimenti lenti) la rotazione del capo, come se gli occhi avessero un’illimitata libertà di movimento. Durante i movimenti oculari rapidi, la visione offuscata viene evitata dall’istantanea cecità corticale. La produzione di nistagmo in risposta a stimoli rotatori rappresenta un fenomeno fisiologico. Il nistagmo spontaneo ( senza stimolazione vestibolare) è un segno di squilibrio nell’input tonico del tronco dell’encefalo da parte di due labirinti. Il danneggiamento di un labirinto o di un nervo vestibolare dà luogo a nistagmo spontaneo.

La direzione della fase lenta del nistagmo è sempre opposta alla sede che è relativamente eccitata ( a seconda che la lesione causi eccitazione o inibizione del labirinto o del nervo vestibolare).

 

All’inizio del ny, gli occhi deviano nella direzione della fase rapida, così che gli occhi sono pronti a mettere a fuoco nuovi bersagli in arrivo nel campo di rotazione.

La connessione tra i neuroni innervanti le macule ed i nuclei oculomotori non sono ben definite, al pari di queli che si originano dai canali semicircolari.

La stimolazione selettiva di parti differenti dell’utricolo e del sacculo risulta in movimenti oculari principalmente verticali e verticolare-rotatori.

La stimolazione di ciascun lato della striola produce movimenti rotatori e verticali diretti in senso opposto. Lo spostamento laterale della testa produce movimenti oculari controtorsionali, mentre spostamenti all’avanti e all’indietro produrranno movimenti oculari verticali. Il riflesso otolitico-oculare nell’uomo è inefficace ed inconsistente e non è perciò compreso nei tests clinici di routine.

C’è una stretta interazione tra segnali visivi, propriocettivi e vestibolari per stabilizzare lo sguardo durante i movimenti del capo. A volte , ci può essere un conflitto tra i segnali e  per mantenere la stabilità dello sguardo , uno deve sopravanzare gli altri. Ad esempio , se la testa ed il bersaglio si muovono nella stessa direzione, il VOR deve essere soppresso per mantenere lo sguardo sul bersaglio ed i movimenti oculari sono controllati da segnali visivi.I nuclei vestibolari che ricevono l’input visivo e propriocettivo non sono perciò solamente una stazione di collegamento della via vestibolare , ma piuttosto un importante centro di integrazione moto-sensoriale.

Girando la testa verso destra vengono attivati recettori del lato sinistro del collo, che eccitano i neuroni nei nuclei vestibolari di destra.

 

Riflessi vestibolo-spinali

 

I riflessi vestibolo-spinali sono controllati da 3 vie principali:

  • Il tratto laterale vestibolo-spinale (che si origina principalmente dal nucleo vestibolare laterale di Deiter).
  • Il tratto mediale vestibolo-spinale ( che si origina principalmente dal nucleo vestibolare mediale).
  • Il tratto reticolo-spinale, che si origina dai neuroni nella formazione reticolare bulbare.

 

Le cellule del corno anteriore dei muscoli anti-gravitazionali ( estensori del collo, del tronco e delle estremità) vengono eccitate dalla stimolazione del tratto laterale vestibolo-spinale, che determina il tono dei muscoli anti-gravitazionali, controllati anche da altri input.

La distribuzione bilaterale dei labirinti riduce notevolmente il tono dei muscoli estensori.

La labirintectomia unilaterale o la distruzione del nucleo vestibolare danno luogo ad una diminuzione di tono ipsilaterale.

 

Proiezione vestibolo-corticale

Per anni si è discusso se le vie vestibolari avessero una speciale rappresentazione. Ad esempio , pazienti con perdita vestibolare bilaterale non hanno la sensazione di rotazione al buio se vengono eliminati supporti visivi e tattili. Crisi epilettiche da diverse aree corticali si possono associare all’illusione di movimento . La via vestibolo-corticale risiede nei nuclei vestibolari e nel talamo.

Almeno 2 regioni talamiche ricevono input dai neuroni vestibolari secondari. La maggior parte delle fibre decorre nel MLF.

 

Vie vestibo-cerebellari

Proiezioni dirette collegano la corteccia vermiana al nucleo vestibolare laterale, mentre proiezioni indirette passano attraverso il nucleo fastigio. Il verme cerebellare ed il nucleo fastigio ricevono input dai neuroni vestibolari secondari, dal midollo spinale e dalla formazione reticolare ponto-medullare. C’è una stretta correlazione tra neuroni vestibolari, reticolari e cerebellari per il controllo di equilibrio e locomozione.

Via vestibolare efferente

Le fibre delle vie vestibolari efferenti si originano da diverse centinaia di neuroni in vicinanza del nucleo laterale. Le fibre accompagnano il fascio cocleare efferente fino al labirinto per poi unirsi a ciascuna divisione delle terminazioni del nervo vestibolare nelle macule e nelle creste.

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Accenni di fisiologia dell'udito inerenti l'orecchio interno


Orecchio interno

A questo livello si verifica la conversione dell’onda acustica in stimolo elettrochimico che può essere trasmesso al sistema nervoso centrale. Durante tale processo , l’orecchio interno analizza lo stimolo sonoro in termini di frequenza, intensità e proprietà temporali.

 

La coclea presenta tre condotti riempiti di liquido, funzionalmente distinti in :

-uno spazio perlinfatico, comprendente la scala timpanica e la scala vestibolare in comunicazione tra di loro e contenenti perilinfa.

-uno spazio endolinfatico ( scala cocleare), isolato dai precedenti e contenete endolinfa.

La differenza di composizione  elettrolitica crea un ambiente elettrochimico che rende possibile la trasudazione neurosensoriale.

L’endolinfa ha una composizione elettrolitica simile a quella dei fluidi intracellulare ( ricca in potassio e povere in Sodio e Calcio), mentre la perilinfa l’ha simile a quella dei fluidi extra-cellulari (ricca in sodio e povera in potassio).

 

Tale composizione subisce solo lievi variazioni a livello delle due scale perilinfatiche, così come tra il giro basale e l’apicale della rampa cocleare. Tale omeostasi è garantita attraverso un flusso radiale nei differenti punti labirintici, a livello locale basandosi sul fatto che:

-esiste una barriera anatomica tra endolinfa e perilinfa (membrana di Reissner, stria vascolare e lamina reticolare formata da giunzioni intercellulari serrate).

-nonostante tale barriera, gli elettroliti subiscono una lenta perdita, dando luogo a gradienti di concentrazione che si estrinsecano in una corrente continua registrabile all’interno della coclea.

– gli elettroliti che fluiscono nella perilinfa ritornano all’endolinfa attraverso il legamento spirale e la stria vascolare, ove risiedono un sistema enzimatico ed organuli cellulari necessari al mantenimento dell’omeostasi. Dal momento che il passaggio di potassio nell’endolinfa- contro un gradiente di concentrazione- richiede energia, è fondamentale l’azione dell’enzima Na/K/ATPasi ( localizzato nelle cellule marginali della stria vascolare e nel sottostante legamento spirale) che utilizza allo scopo i depositi energetici prodotti dai mitocondri della stria e del legamento spirale.

 

Le differenze in contenuto elettrolitico delle diverse scale labirintiche danno luogo, come detto , a gradienti di concentrazione tra gli spazi endolinfatico e perilinfatico. Dal momento che gli elettroliti sono particelle cariche (ioni), tali differenze creano altresì dei potenziali elettrochimici tra perilinfa ed endolinfa. Von Bekesy ha in proposito identificato nella scala vestibolare un potenziale di +5 mV rispetto alla scala timpanica, mentre nella scala media (cocleare) è stato registrato un potenziale positivo relativamente ampio, pari a + 80 mV, corrispondente al potenziale endococleare che serve come forza trainante per la trasduzione del segnale.

Come detto, attraverso la finestra ovale l’onda sonora viene trasmessa alla scala vestibolare, generando una serie di onde nella perilinfa che causano un depiazzamento della membrana basilare e dell’organo di Corti e che in ultima analisi, causano l’estroflessione nell’orecchio medio della membrana della finestra rotonda ( timpano secondario di Scarpa). La frequenza di movimento della membrana basilare è in relazione alla frequenza dello stimolo sonoro e rappresenta il primo processo di trasduzione. Secondo la teoria di Bekesy (1960), l’ampiezza dell’onda viaggiante lungo la membrana basilare aumenta fino a raggiungere un massimo specifico per frequenza (frequenze acute alla base, frequenze gravi all’apice della coclea), per poi declinare (proprietà di sintonia passiva). Studi successivi hanno dimostrato che l’ampiezza dell’onda viaggiante non aumenta gradualmente ma, dopo aver viaggiato lungo la membrana basilare determinando un minimo depiazzamento, raggiunge improvvisamente un picco massimo nel punto della membrana basilare sensibile per frequenza a quella dello stimolo e poi declina successivamente in modo altrettanto rapido.

Quindi la membrana basilare agisce come un filtro passa-banda finemente sintonizzato: siti specifici corrispondono a frequenze specifiche.

Questo meccanismo di fine sintonia dipende da processi attivi, che richiedono energia (che, dunque, non potevano essere riscontrati negli studi su cadavere di von Bekesy), al livello delle cellule ciliate esterne. La superficie apicale delle cellule ciliate, con le loro stereociglia, è bagnata nell’endolinfa ed è dunque esposta al potenziale endococleare (+80mV) mentre al loro interno il potenziale di riposo è di circa -40,-60 mV: la differenza di potenziale attraverso la membrana apicale delle cellule ciliate è quindi pari a 120-140 mV.

Da queste misurazioni prende avvio la teoria di Davis (1958) , secondo la quale la stria vascolare rappresenta la maggiore fonte d’energia per il mantenimento positivo endococleare. La superficie apicale della cellula ciliata funziona come resistore variabile, la cui impedenza è variata dal depiazzamento meccanico delle stereociglia. Poiché i corpi delle cellule ciliare si muovono con la membrana basilare sotto lo stimolo acustico, mentre le stereociglia si trovano in ambiente statico, circondate da endolinfa e nella membrana tectoria, la vibrazione della membrana basilare determina un movimento delle cellule ciliate rispetto alla membrana tectoria dell’endolinfa.

-Se la deflessione delle stereociglia avviene verso la pila più alta, si determina l’apertura dei canali che facilitano l’ingresso di K, grazie ad un gradiente di 120-140 mV , con depolarizzazione delle cellule ciliate.

– Se la deflessione  si verifica verso la direzione opposta , si crea un’iperpolarizzazione per la chiusura di questi canali perennemente aperti , anche in condizioni di riposo, impedendo così ulteriormente il flusso di K.

Dunque l’apertura e la chiusura dei canali del potassio modulano le variazioni di potenziale elettrochimico delle cellule ciliate attraverso un processo meccanico.

Quando le stereociglia si piegano verso la fila più alta, le “tip links”, una sorta di molle situate tra il centro di ciascun stereociglio e l’apice di uno adiacente, più basso , si contraggono ed i canali vengono mantenuti aperti.

Quando si piegano dalla parte opposta , le “tip links” si rilasciano ed i canali si chiudono.

La depolarizzazione determina effetti differenti sui due tipo di cellule ciliate.

Le CC interne funzionano come recettori sensoriali e quindi la loro depolarizzazione dà luogo ad un’attivazione delle fibre nervose afferenti con trasmissione del segnale uditivo al SNC;

-le CC esterne hanno invece una minima funzione sensoriale , regolando le proprietà motorie responsabili per una fine sintonia della coclea.

La stimolazione di una cellula ciliata dà luogo ad un potenziale di recettore cellulare che ha 3 compenenti:

  • Una risposta fondamentale , rappresentata dalla depolarizzaizone, la cui ampiezza dipende direttamente dell’intensità dello stimolo fino ad un pinto di saturazione, passato il quale non si hanno ulteriori variazioni.
  • Un potenziale a corrente alternata che si correla con la frequenza dell’onda sonora stimolante , come cicli di depolarizzazione-polarizzazione.
  • Una variazione DC del potenziale delle cellule ciliate, che possono depolarizzarsi o iperpolarizzarsi secondo la direzione della deflessione delle stereociglia, con ampiezza di depolarizzazione maggiore di quella dell’iperpolarizzazione, ad ogni gradi di deflessione.
  • La depolarizzazione delle cellule ciliate interne dà luogo all’attivazione dei canali ionici lungo la parete cellulare laterale. Questi canali permettono l’uscita di K e l’ingresso di calcio nella cellula con rilascio di neurotrasmettitori (glutammato) della base cellulare, in proporzione all’intensità dello stimolo. Il neurotrasmettitore si lega alle terminazioni nervose afferenti alla base cellulare e dà luogo ad un potenziale d’azione propagato alle fibre afferenti. La depolarizzazione delle cellule ciliate esterne segue un processo analogo, ma con risultato differente. Il loro ruolo principale è infatti quello di convertire il segnale acustico in elettrochimico , trasmissibile a SNC. La maggior parte delle fibre afferenti (95%) contrae sinapsi con le CC interne e seve per trasmettere il segnale sensoriale. Al contrario le CC esterne hanno minimi contatti con le fibre afferenti e sono quasi esclusivamente collegate con le fibre efferenti. Il ruolo delle CC esterne è quello di dare alla coclea le proprietà di fine sintonia, permettendo a ciascuna regione cocleare di corrispondere ad una frequenza specifica. Questa proprietà di amplificazione è ottenuta dalle proprietà di allungamento e contrazione derivanti dai processi di depolarizzazione ed iperpolarizzazione, che aumentano il depiazzamento della membrana basilare.

 

Fonte Dott. Maurizio Bambara.

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OTITI ESTERNE


OTITE ESTERNA

Sotto questo nome vengono raggruppate diverse forme chimiche che hanno fondamentalmente in comune il fatto di interessare il padiglione auricolare e/o il condotto uditivo esterno. La forma più comune consiste in una dermo – epidermite acuta che interessa la parte o tutta la cute di rivestimento del condotto uditivo esterno.

I germi responsabili sono identificabili nello

  • Stafilococco aureo ed Epidermidis.
  • Pseudomonas Aeruginosa.
  • Streptococco, Proteus, e Colibacilli (meno frequente).

 

EPIDEMIOLOGIA

 

Da un punto di vista epidemiologico , le otiti esterne rappresentano, nel nostro paese, la più frequente causa di consultazione presso un pronto soccorso specialistico durante il periodo estivo.

Ciò anche in funzione dei fattori favorenti, tra i quali primeggiano il clima caldo-umido e umidità nel condotto. Sono altresì da considerare come fattori favorenti:

  • Il ridotto calibro del condotto
  • La ritenzione di squame epidermiche
  • La diminuzione di secrezione ceruminosa
  • Le dermatiti seborroiche
  • Altre affezioni dermatologiche quali Lichen,psoriasi e pemfogo.
  • La presenza di protesi acustica con chiocciolo
  • Traumatismi locali ( abitudine all’uso di stuzzicadenti, Cotton Fiocc, fermagli per lenire il prurito).

Il processo infettivo ha inizio con edema dello strato superficiale, con ostruzione ghiandolare e scomparsa dello strato grassoso protettivo. Il PH della pelle perde i suoi caratteri di acidità, favorendo così la proliferazione batterica.

 

CLINICA

Da un punto di vista clinico, nell’Anamnesi dei pazienti affetti, esiste quasi sempre un riferimento anamnestico di episodi di prurito periodico. Quando l’otite esterna è eclatante, è presente un violento dolore che si irradia verso le tempie e la mandibola e che si accentua quando si tocca  l’orecchio.

Quando le pareti del condotto sono singolarmente interessate, la fenomenologia algica viene scatenata dalla semplice digitopressione sul trago ( parete anteriore), sulla conca inferiormente ( parete inferiore), oppure stimolando il padiglione verso l’alto ( parete superiore) o indietro ( parete posteriore).

L’esame clinico permetterà di mettere in evidenza- già alla sola ispezione esterna-iperemia, e/o edema a carico del meato acustico esterno, dal quale a volte è possibile vi sia fuoriuscita di materiale desquamativo-purulento.

Una otoscopia completa è possibile sono nei casi meno eclatanti, perché già il solo inserimento dello speculo può generare intenso dolore. A volte è possibile identificare un sito specifico di dolenza, spesso legato alla presenza di un foruncolo . La complicanza più comune è caratterizzato dal carattere di recidivanza della patologia, legata alla presenza di uno dei fattori sopra esposti; più rara è l’ascessualizzazione del condotto, la pericondrite o l’evoluzione nella forma di otite esterna maligna.

A parte l’otalgia si può avere iperpiressia e/o malessere generale.

TRATTAMENTO

Il trattamento è innanzitutto profilattico e deve mirare soprattutto a ridurre l’umidità nel condotto uditivo esterno. Una profilassi a lungo termine anche mediante l’uso di lavaggi auricolari medicati. La terapia normalmente è limitata al trattamento locale. Dopo avere eventualmente aspirato le secrezioni purulente viene prescritto l’uso di gocce antibiotiche locali, contenti cortisone , Polimixina B e Neomicina , per un periodo di circa 7 gg.

Questo trattamento risulta ancora più valido se preceduto dall’inserimento- all’interno del C.U.E.- di speciali spugnette idrofiliche in commercio che permettono alle gocce instillate di essere assorbite e di restare a contatto con le pareti interessate dal processo infettivo.

L’antibioticoterapia sistemica viene generalmente utilizzata in caso di iperpiressia e malessere generale, oppure qualora si voglia comunque accelerare la risoluzione del processo per motivi in relazione con l’attiva socio- lavorativa o sportiva del paziente.

 

FORME PARICOLARI DI OTITE ESTERNA

 

OTITE ESTERNA MALIGNA

Una forma particolare di otite esterna è rappresentata dall’otite esterna maligna. Si tratta di una forma grave di infezione causata dallo Pseudomonas Aeruginosa, che coinvolge pazienti diabetici o immunodepressi, in corso di chemioterapia o steroidoterapia ad alte dosi. La gravità del quadro è legata ad un germe aggressivo che agisce su un terreno debilitato. Lo Pseudonomas possiede un’elevata affinità per i vasi, determinando trombosi ed ischemia. La malattia evolve in diverse settimane, ma la mortalità è particolarmente elevata specialmente se è presente l’interessamento dei nervi cranici.

Clinicamente tutto si sviluppa per la presenza di un’escoriazione cutanea, che da luogo ad una cellulite dolorosa del condotto uditivo esterno, con otorrea, edema e stenosi dolorosa. L’otalgia si può accompagnare a cefalea temporale e occipitale. Si può evidenziare nel tessuto di granulazione con i segni aspecifici dell’infiammazione.

Successivamente, si può avere un condrite del C.U.E. ed un’osteite dell’osso timpanico che si può propagare fino al basicranio.

La TC ma ancor meglio la RM permettono di evidenziare l’assenza di problematiche a carico dell’orecchio medio.

Secondo alcuni, la metodica diagnostica di elezione è la scintigrafia con Tecnezio o Gallio radioattivo, in grado di fissarsi il primo su zone di attività osteogenica che seguono distruzione ossea, il secondo su tessuti molli ed osso.

Il trattamento è antibiotico per via parenterale, prolungato per due mesi seguito poi da un periodo di mantenimento per evitare le frequenti recidive.

 

Otite bollosa emorragica

 

L’otite bollosa emorragica rappresenta una patologia relativamente frequente ad etiologia virale che interessa prevalentemente l’età pediatrica.

E’ caratterizzata dalla formazione di flittene localizzate nel C.U.E. , solo raramente interessanti la MT. Una volta esaurito l’episodio, non si ha necessità di trattamento particolare. Durante l’episodio algico, invece, la puntura della formazione bollosa che provoca la fuoriuscita del liquido in essa contenuto, coincide, come detto, con la risoluzione. Raramente necessaria una copertura antibiotica.

continua...